Sul fronte dei conti pubblici, il Governo non fa retromarcia e continua la sua strada: lo stesso ministro dello Sviluppo Economico e vicepremier Luigi Di Maio dice senza mezzi termini che non c'è "nessun piano B". Questo perché da parte dell'esecutivo "non c'è alcuna volontà di arretrare" né si vuole assolutamente "tradire i cittadini italiani. Non si torna indietro".
Dopo la lettera scritta dal vicepresidente della Commissione europea, Valdis Dombrovskis, e dal titolare agli Affari economici Ue Pierre Moscovici - che hanno manifestato "seria preoccupazione" per un Def ritenuto "una deviazione significativa dal percorso di bilancio indicato dal Consiglio Ue - il governo insomma non cambia idea: Di Maio ribadisce che, pur non volendo sfidare Bruxelles, l'obiettivo della manovra è un altro e cioè quello di "ripagare il popolo italiano di tanti torti subiti". E proprio questo verrà ribadito quando il presidente della Camera Roberto Fico si recherà alla Commissione Ue: "Faremo lavoro di squadra - ha detto Di Maio - per spiegare che gli italiani hanno bisogno di queste misure che non sono spot ma finalmente cambiamo la vita delle persone".
Juncker: l'Italia è in una posizione difficile
Che a Bruxelles non vedano di buon occhio la manovra, in quanto rallenta il rientro dal deficit di bilancio, è cosa nota, tant'è che il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, pur escludendo qualsiasi similitudine tra il nostro Paese e la Grecia, ha ribadito che "l'Italia è in una posizione difficile". "Ho detto a Friburgo che l'euro era in pericolo se tutti avessero richiesto regole speciali in modo tale da non rispettare gli accordi precedenti nel contesto del coordinamento delle politiche economiche e di bilancio" ha aggiunto ricordando la prossima scadenza. L'Italia, ha aggiunto, "dovrà presentare il proprio bilancio alla Commissione entro il 15 ottobre. Valuteremo, e, se necessario, proporremo modifiche 'sine ira et studio'. Siamo in una procedura normale".
Ma Di Maio, sollecitato dai giornalisti, non sembra ammorbirdirsi: "Questa Europa qui tra sei mesi è finita", ha detto riferendosi alle prossime elezioni europee. Ancora più duro il Ministro dell'Interno Matteo Salvini: "L'Europa dei banchieri, quella fondata sull'immigrazione di massa e sulla precarietà, continua a minacciare e insultare gli italiani e il loro governo? Tranquilli, fra sei mesi verranno licenziati da 500 milioni di elettori, noi tiriamo dritto". Da Juncker arriva indirettamente la replica: il presidente della Commissione Ue, da parte sua, invita i due vicepremier italiani a prestare maggiore attenzione alle parole: "Il fatto che due vicepremier ministri italiani usino un linguaggio sboccato sull'Unione europea come istituzione nella struttura generale del continente va guardato con molta attenzione".