Il governo non subirà scossoni dalle dimissioni di Luigi Di Maio. Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, lo scrive nero su bianco a pochi minuti dall'addio dell'ormai ex capo politico del M5s. Una certezza che il premier sembra condividere con gli alleati di governo. Quella di Di Maio è una mossa largamente attesa, viene detto quasi in coro da esponenti di Pd, Italia viva e Leu. E anche il tema della successione e, quindi, del futuro interlocutore nell'esecutivo non sembra destare preoccupazioni.
Vito Crimi rappresenta la continuità, poi ci saranno gli Stati Generali dei pentastellati dopo i quali, come dice Di Maio, "si sceglierà il chi". E per gli azionisti della maggioranza quel "chi" riporta allo stesso Di Maio. "Se ne starà buono per un paio di mesi, affilerà le armi e poi si ripresenterà, magari 'forte' della sconfitta alle regionali, dove lui non voleva presentare candidati". A parlare è un peso massimo di Italia viva: "Di Maio si è tirato indietro a pochi giorni dalle elezioni regionali per lasciare la nave prima che affondi e per poter tornare dicendo: ero contrario alle candidature in Emilia Romagna e in Calabria, guardate cosa è successo".
Nel partito di Renzi è consolidata l'idea che "non saranno le dimissioni di Di Maio ad avere ripercussioni sul governo, quanto il voto delle regionali". Perché, è il ragionamento, se l'esecutivo può andare avanti senza traumi dopo le dimissioni di un capo politico, qualcosa potrebbe succedere se a dimettersi dovessero essere un capo politico e un segretario.
Il riferimento è a Nicola Zingaretti e alla possibilità che il Partito democratico possa lasciare il fortino dell'Emilia Romagna alla Lega di Salvini. In quel caso, ragionano ancora i renziani, il segretario difficilmente potrebbe rimanere in sella al partito e, questo sì, avrebbe delle conseguenze: "Magari non cadrà il governo, ma qualcosa succederà".
Zingaretti ha già fatto sapere che, a suo avviso, le dimissioni di Di Maio non porteranno novità nel governo così come non ci saranno ripercussioni da una eventuale sconfitta in Emilia Romagna e Calabria. E non vuole entrare nel merito delle scelte di un Movimento che attraversa una delicata fase di rinnovamento.
Fonti dem, tuttavia, rimarcano che "sta avvenendo quello che ci aspettavamo e che, in qualche modo, auspicavamo": ovvero, la definizione di una identità spiccatamente progressista e riformista del Movimento 5 Stelle che possa semplificare il lavoro per la costruzione di quel campo largo di centro sinistra più volte evocato da Zingaretti. E le stesse fonti ricordano come proprio un esponente di primo piano del Movimento, il ministro Stefano Patuanelli, abbia di recente espresso la volontà di portare i Cinque stelle in un perimetro riformista.
Ora, l'auspicio dei dem è che possa "essere messa la parola fine all'equivoco del partito post ideologico e al "mai alleati con nessuno". Anche i dem, tuttavia, sono convinti che con Di Maio occorrerà tornare a fare i conti: "Dopo gli stati generali si ripresenterà, e cercherà di farsi ri-legittimare dal voto della base". Una impresa per niente scontata, ragionano ancora i parlamentari Pd: "Il Movimento è esploso anche a casa sua, a Napoli", chiosano.
Il "chi", si diceva, si deciderà in ogni caso dopo gli stati generali, Nel frattempo gli azionisti del governo si interrogano su chi sarà il punto di riferimento della delegazione M5s. Patuanelli è il ministro più apprezzato nel Pd così come in Italia Viva e Leu. Ma i nomi forti dentro l'esecutivo rimangono i fedelissimi del ministro degli Esteri, Riccardo Fraccaro e Vincenzo Spadafora. Anche da questi rapporti passerà la tenuta e l'efficacia dell'azione del'esecutivo nelle prossime settimane.