Non è solo Marcello Foa a far litigare Forza Italia e Lega. Durante il dibattito in aula ieri sul decreto Dignità, gli interventi dei deputati di FI contro gli alleati di centrodestra sono stati ripetuti, diretti e abbastanza aspri. Non è un mistero che Silvio Berlusconi non approvi un provvedimento che, anche ieri lo ha ribadito in un'intervista a 'Qn', penalizza gli imprenditori. Ma gli attacchi ai leghisti sono apparsi plateali e forse inediti, segno di un'alleanza che rischia ormai di essere compromessa dalla partecipazione della Lega al governo coi 5 stelle. A maggior ragione perché arrivati alla vigilia dello strappo che potrebbe arrivare oggi in commissione di vigilanza Rai, se FI non partecipasse al voto e facesse saltare la nomina di Marcello Foa alla presidenza.
"Non si può dividere una coalizione sul tema che lavoro"
"Con questo provvedimento - ha attaccato la capogruppo Mariastella Gelmini - voi vi assumete la responsabilità di ridurre la propensione ad assumere e l'occupabilità. Questa non è solo la posizione di Forza Italia, rappresenta la posizione di migliaia di imprenditori, artigiani, commercianti che saranno danneggiati e penalizzati da questo agire insensato. Non mi illudo di convincere i colleghi del Movimento 5 stelle, ma vorrei sollecitare una riflessione agli amici della Lega, che considero ancora alleati del centrodestra, che considero alleati all'interno delle Regioni e dei Comuni che governiamo insieme - ha incalzato -. E allora io domando alla Lega, per quanto possa accettare che il contratto di governo sia prevalente rispetto ad un programma, quello del centrodestra, che non è stato solo sottoscritto dai leader della nostra coalizione, ma che è stato votato dagli italiani. Ho assoluta fiducia nel buon senso e nella tradizione con la quale la Lega governa. Ma quello della Lega oggi in aula è un silenzio assordante. Ci si può dividere su una nomina o su una poltrona, ma non si può dividere una coalizione sul tema del lavoro, che è la vera emergenza di questo Paese."
A Gelmini ha fatto eco, l'altra capogruppo, la presidente dei senatori di FI, Anna Maria Bernini. "Siamo delusi per la sbandata a sinistra di questa Lega di governo, che sul decreto dignità si gioca tutta la sua credibilità - ha scritto Bernini, in una nota -. A Salvini chiediamo che resti fedele ai nostri comuni elettori di centrodestra e a tutto quel mondo piccolo e medio-imprenditoriale che ha sperato il 4 marzo di veder nascere un vero governo del cambiamento. Salvini eviti di darla vinta a Di Maio, torni indietro finché è in tempo".
"Fino a quando asseconderete le follie grilline?"
"Altro che decreto Dignità, il vostro è il decreto precarietà, la peggiore delle precarietà, quella che si basa sul lavoro in nero", ha invece attaccato Sestino Giacomoni, che, in aula, si è rivolto verso i banchi leghisti. "Fino a quando amici della Lega asseconderete le follie grilline? Ora che volge al termine la stagione delle nomine, che vi ha molto impegnato giorno e soprattutto notte, forse è il caso che iniziate ad ascoltare la voce delle categorie produttive o almeno quella dei vostri governatori, evitiamo - come dice il sottosegretario Giorgetti - che in autunno cominci il bombardamento sui mercati".
"Il mercato del lavoro ha bisogno di meno tasse e di meno burocrazia. Il decreto firmato da Luigi Di Maio va esattamente nella direzione opposta: aumenta il costo del lavoro, aumenta la burocrazia e alimenta il contenzioso", ha poi affermato la vice presidente azzurra della Camera Mara Carfagna. "Che il Movimento 5 stelle insegua la sua visione filosofica del mondo improntata alla decrescita infelice - ha proseguito - non ci stupisce, ci sorprende invece come la Lega possa tradire il patto sottoscritto con gli elettori e di come possa sostenere un provvedimento sbagliato che penalizza gli imprenditori, scoraggia le assunzioni e trasforma i precari in disoccupati".