“Quello che si apre oggi è un processo politico difficile, che ha bisogno di una grande discontinuità non solo rispetto al primo governo Conte. Ma anche rispetto ai governi precedenti”. Parla così Massimo D’Alema in un’intervista al Corriere della Sera. E nel ritornare con il pensiero al giorno dopo le elezioni del 4 marzo 2018 dice: “Il M5s, che aveva vinto le elezioni ma non era autosufficiente in Parlamento, aveva individuato nell’alleanza col Pd lo sbocco naturale di quell’impasse. Quella prospettiva si era arenata di fronte alla scelta sbagliata del Pd di chiamarsi fuori e di consentire, quindi, che si formasse una maggioranza parlamentare tra M5S e Lega”.
Insomma, colpa dell’intransigenza del Renzi di allora. Per l’ex premier tra il 1998 e il 2000, poi anche ministro degli Esteri tra il 2006 e il 2008 e già segretario Pd a cavallo degli anni ’90, “quell’alleanza “era stata un ripiego” e “il ribaltone politico di cui molti parlano oggi, in realtà, era avvenuto allora”. E proprio a causa delle scelte del Pd fatte allora si è, di fatto, “perso un anno” e consentito che “la destra diventasse più forte”. Certo, oggi le cose non sono certo più facili, ma D’Alema riconosce, all’attuale segretario del Pd di aver avuto “coraggio” nell’intraprendere la strada dell’accordo con i grillini.
Lo “sbocco naturale” dell’alleanza raggiunta oggi tra 5S e Pd viene confortata dal fatto, secondo D’Alema dai dati che dicono che “oltre il 50% degli operai e degli impiegati iscritti al sindacato votano per il M5S”, cioè “di un pezzo significativo del nostro mondo che, non trovandole nella sinistra, ha cercato nel M5S le risposte alle esigenze di giustizia sociale, di lotta alle disuguaglianze e ai privilegi”. Un filo, quello con il popolo piddino, che “si era spezzato molto prima che arrivasse la maggioranza gialloverde”. E l’alleanza con i 5S è l’occasione per la sinistra “ritrovar e le coordinate che aveva perso, un’occasione per ritrovare la strada”.
Quanto al fatto che le sorti dell’alleanza, del governo e del futuro del Paese siano affidate ad una consultazione su una piattaforma web, Rousseau, D’Alema non si scandalizza affatto. Anzi, tanto che sottolinea: “Gli accordi politici vengono ratificati dagli organi di partito, il Pd ha la Direzione, il M5S la sua modalità” taglia corto. Per poi chiosare, tagliente: “Per la Costituzione italiana la Direzione Pd e la piattaforma Rousseau sono la stessa cosa. Infatti non prevede né l’una né l’altra. E poi, mi scusi, anche il Pd affida un grande potere al segretario che elegge chiamando a rac - colta chiunque, a prescinder e dal fatto che voti per quel partito o per la destra. Mi sembra un meccanismo altrettanto discutibile”.
Quindi un’analisi su Destra e Sinistra. D’Alema dice che non è vero che non esista più né l’una né l’altra, “i Cinquestelle avevano sbagliato, anche se faticano ad ammetterlo”. E l’hanno sperimentato “sulla loro pelle” che “la destra esiste, eccome se esiste”. Perché, “come ha dimostrato Salvini (la cui sconfitta considero un fatto molto positivo) – aggiunge l’ex premier – la destra si è fatta ancora più estremista”. E per dimostrare questo assunto, “basta guardare a come il problema di qualche migliaio di migranti, che un qualsiasi altro governo avrebbe risolto nel giro di qualche minuto, sia stato trasformato in un’occasione per alimentare odio sociale”. “Una vera e propria strategia della tensione” la giudica D’Alema. “Totalmente infondata, a cominciare dai numeri”.
Poi si dice “cauto” nell’approvare di corsa “una legge proporzionale”, meglio un maggioritario “che favorisca il ritorno al bipolarismo” anche per consentire a quanti lo desiderano di favorire “il ritorno
A un centrodestra moderato, europeo, ontano dal nazionalismo esasperato”.
Un giudizio su Conte? Può essere il nuovo Prodi? D’Alema riconosce a Conte di essere cambiato, “diverso” dalla prima fase in cui ha guidato “il governo gialloverde con visibile difficoltà e imbarazzo”. Ma paragonarlo a un Prodi ce ne corre: “Prodi aveva nel dna quella connotazione della sinistra Dc che da sempre perseguiva l’avvicinamento tra il mondo cattolico e la sinistra”, esperienza e vissuto che a Conte manca del tutto”. Però D’Alema pensa che oggi, nella nuova maggioranza Pd-5Stelle “Conte si trovi già più a suo agio perché è più vicino alle sue convinzioni, ai suoi valori”.