L'avvocato, prestato alla politica, Giuseppe Conte nei doppi panni del difensore e della pubblica accusa. Nel pomeriggio, al Senato, si attende dal presidente del Consiglio una arringa difensiva sull'operato del governo che guida da quasi 15 mesi. E una dura requisitoria contro Matteo Salvini che, tredici giorni fa, dopo che la maggioranza M5s-Lega si era spaccata sull'Alta velocità Torino-Lione, è andato da lui, a Palazzo Chigi per annunciargli l'intenzione di porre fine a questa esperienza di governo.
Il giorno seguente Salvini ha annunciato via nota una mozione di sfiducia nei suoi confronti. Nella conferenza stampa convocata qualche ora dopo, Conte ha anticipato che sarebbe andato in Parlamento a comunicare la "verità" sulle ragioni di questa crisi 'de facto' provocata dall'alleato di governo, che gli avrebbe confidato la necessità di "capitalizzare il consenso" ottenuto alle europee di maggio, spingendo il Paese verso le elezioni politiche anticipate.
Un discorso che si preannuncia 'appassionato'
Oggi è quindi il grande giorno delle comunicazioni di Conte. L'attesa è per un discorso appassionato che difenda il lavoro fatto in questi mesi e che prosegua con un duro 'j'accuse' al ministro dell'Interno, dopo i recenti e aspri scambi di lettere tra i due sul caso della nave Open arms, in cui il premier ha accusato Salvini di "sleale collaborazione".
Alla vigilia di un appuntamento così cruciale e, in realtà, come sempre, del resto, sono stati frequenti i contatti in queste ore tra il Quirinale e Palazzo Chigi. La previsione che circola nei palazzi è che, una volta concluse le sue comunicazioni, Conte salga al Colle a dimettersi. Dal Movimento 5 stelle, Vito Crimi ha fatto sapere che l'orientamento sarà di esprimere un voto dopo le comunicazioni di Conte.
L'ipotesi rimane quella di presentare una risoluzione in suo favore sulla quale il premier potrebbe porre la questione della fiducia. Da parte Lega, invece, Salvini non vuole esprimersi. "Matteo si vuole tenere le mani libere, vuole prima vedere cosa dirà Conte. Poi replicherà alle accuse, se ce ne saranno, e spiegherà le nostre ragioni", sostiene un big leghista. "Conte si tiene nell'isolamento più assoluto - lamentano i leghisti - Nessuno sa quello che dirà domani, neanche i 5 stelle. La via maestra per noi è il voto anticipato. Ma parliamo con tutti, tutte le ipotesi sono aperte non chiudiamo le porta a nessuno. Ora si torna indietro col calendario al 5 marzo 2018".
L'arduo scenario post Conte
Salvini farà comunque il punto coi suoi domani in tarda mattinata al Senato. Qualche giorno dopo l'annuncio del 'blitzkrieg' del 7 e 8 agosto, il capo leghista è apparso più in mood 'ritirata'. Tanto che ieri ha proclamato che avrebbe ascoltato "senza pregiudizi' il discorso di Conte (definito "il mio presidente del Consiglio").
Il problema è lo scenario post Conte. Nei palazzi vengono viste come ardue entrambe le strade: quella del voto anticipato e quella del 'ribaltone' con il Pd che, insieme a Leu e Radicali, sostituisca la Lega al governo coi 5 stelle. Quest'ultima ipotesi, avanzata da Matteo Renzi (che sarà anche lui al Senato domani e probabilmente interverrà), è molto temuta dalla Lega e dal suo leader.
Al momento non vi sarebbero stati contatti tra Salvini e la parte dei dem più scettica nei confronti dell'alleanza coi 5 stelle, ovvero quella che fa capo al segretario Nicola Zingaretti. Ma i dubbi leghisti riguardano soprattutto Forza Italia.
Come è noto, Salvini non ha un particolare feeling con Mara Carfagna e le indiscrezioni di stampa riguardo a possibili contatti tra la vice presidente forzista della Camera e i 'renziani' - smentire puntualmente da questi ultimi - non sarebbero state gradite in via Bellerio. E nella Lega si crede fortemente che una parte degli ex alleati di FI sarebbe disponibile a quello che gli ex 'lumbard' chiamano "l'inciucio salva-poltrona'.