“Se rispettano le regole ambientali e sanitarie non vedo perché dovrebbero chiudere. Sempre che siano in grado di stare sul mercato. Ma su questo davvero non ho elementi per giudicare”. In un’intervista al Corriere della Sera, risponde cosi il ministro per l’Ambiente Sergio Costa all’ultima domanda su ArcelorMittal, che ha annunciato di volersi ritirare dall’impegno di gestione dell’Ilva di Taranto.
La questione Ilva è nelle mani di Conte
Il ministro però dice che la questione è nelle mani del premier Conte e per quanto riguarda il caso specifico dell’Ilva si limita ad osservare che “lo scudo penale non serve se si rispettano tutte le prescrizioni sul piano ambientale”. Tanto che il titolare del dicastero che s’affaccia sulla via Cristoforo Colombo a Roma, riconosce alla società di “aver fatto finora” tanto che “tutti i controlli dimostrano che l’azienda sta rispettando il piano ambientale. Anzi, è in leggero anticipo rispetto ai tempi previsti”. Fino a insinuare: “Non vorrei che dietro questa scelta ci fosse qualche altra ragione che non saprei indicare”.
"La plastic tax è molto cambiata"
Ma l’intervista al quotidiano di via Solferino verte principalmente sulla plastic tax, della quale è un sostenitore, e per la quale materia Costa confessa: “La verità è che la plastica inquina: chi può dirsi oggi a favore?” Tuttavia il ministro dice anche che sul provvedimento emanato dal governo in finanziaria “molto è già stato cambiato” perché “rispetto all’impostazione iniziale sono state escluse dalla tassazione le plastiche riciclabili e compostabili, che dopo la loro degradazione si trasformano in terriccio”. Ed è stato introdotto anche un credito di imposta “per le aziende che convertono il loro sistema produttivo proprio verso questo tipo di plastiche, che non sono più un rifiuto e anzi rappresentano un ottimo esempio di economia circolare”. Un brevetto italiano, rivela il ministro, “di cui essere orgogliosi nel mondo”.
"Diventi una tassa di scopo"
Ma secondo Costa la plastic tax “dovrebbe essere trasformata da tassa di gettito in tassa di scopo”, nel senso che “i soldi che si incassano con questa imposta devono essere utilizzati per rafforzare il credito d’imposta o per altri incentivi a favore delle aziende che si convertono alla plastica riciclabile o compostabile” in modo da consentire di reinvestire nel settore il gettito della tassa sulla plastica.
Così, reinvestendo il gettito per riconvertire l’intero settore, sostiene il ministro, “non perderemo posti di lavoro e avremo più investimenti per modernizzare il comparto”. Altrimenti l’alternativa che si presenta “è intervenire dopo, quando il settore della plastica tradizionale sarà andato in difficoltà”. Ma nel caso specifico, avverte il titolare dell’Ambiente, “si tratterebbe di spesa non di investimenti, e salvare i posti sarebbe più difficile”.
Sul rinvio del cuneo fiscale, poi, il ministro si trova d’accordo con Matteo Renzi, ma dice di non provare nessun imbarazzo ad esserlo perché “quando si parla di ambiente non c’è colore politico” e suggerimenti utili “possono venire anche dall’opposizione”. Poi chiosa: ma “la plastica monouso non riciclabile e non compostabile non serve al pianeta”.