Il più amato tra i partner degli italiani. Giuseppe Conte raccoglie oggi l'endorsement (senza precedenti, a memoria d'uomo) della Casa Bianca: mai si era visto un Presidente degli Stati Uniti, in piene consultazioni, manifestare l'auspicio della permanenza a Palazzo Chigi dell'inquilino in partenza. Nemmeno Giovanni Spadolini, di cui Ronald Reagan aveva cura di sostenere leggesse i libri di storia, nemmeno Alcide De Gasperi. Che si sentiva molto distante per molte cose da Washington e dintorni, ma seppe trovare con Harry Truman una intesa più che cordiale.
Oggi Conte, in realtà, raccoglie i frutti di un lavorio portato avanti con pazienza presso le cancellerie europee ed atlantiche, che lo ha visto partire da una posizione di un certo disagio in quanto rappresentante massimo di un governo populista e sovranista.
Da 'avvocato del popolo' a partner gradito. Il riavvicinamento tra Conte, l'Europa e l'altra sponda dell'Atlantico è stato costante e graduale, attento a non pesare i piedi ai due partner del governo gialloverde, ma insistente. Il debutto fu, un anno fa, il vertice del G7 in Canada, lo scorso anno. Governo varato da pochissimo giorni, lui lì a presentare alla parte del mondo che conta la novità.
Conte trova la quadra: accontenta gli Usa e, al tempo stesso, i partner. Afferma di essere d'accordo con Donald Trump sulla necessità di far rientrare la Russia di Vladimir Putin nel consesso. Il presidente americano lo gratifica subito dei suoi complimenti: "Avete riportato una grande vittoria, un grande risultato. Complimenti, sono molto contento, tu sei il grande vincitore delle elezioni in Italia", gli dice, e non nomina altri trionfatori.
Quanto agli europei, niente è più esplicito di un boccale di birra bevuto con Angela Merkel in quel di Davos, tra le montagne innevate della Svizzera, durante l'incontro annuale del World Economic Forum. Lei, che non sembra ha avuto rapporti lineari con i presidenti del Consiglio italiani, viene presa da una parte e Conte - lo rivela un video fatto circolare dopo poco - le sussurra suadente all'orecchio frasi molto gradite.
Del tipo: "Il Movimento 5 Stelle è in sofferenza perché sta calando nei sondaggi mentre Salvini è oltre il 30 percento. Per me è diverso. Ti ricordi di Malta, quando ho detto 'mi vado a prendere donne e bambini con l'aereo'? Angela, non ti preoccupare, sono molto determinato. E se dico loro di smetterla di litigare loro lo fanno".
Angela, che non sopporta più le smanie antimigranti del suo ministro dell'interno Seehofer, ascolta molto interessata ed annuisce. Conte si presenta con questa mossa agli europei come l'unico possibile interlocutore, che garantisce la stabilità. Un passo ulteriore si ha quando Luigi Di Maio ha l'idea, prima delle europee della scorsa primavera, di andare in Francia ad incontrarsi con i leader delle manifestazioni dei gilet gialli, che hanno come principale obiettivo il presidente Emmanuel Macron.
Il quale non gradisce e richiama l'ambasciatore a Roma. Mai era successo nei decenni precedenti. Conte attende quattro lunghi giorni, poi si pone da mediatore, a sopire e troncare. L'asse franco-tedesco lo riconosce come interlocutore naturale, ora. Il cerchio si chiude con la partecipazione al processo di elezione di Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione Ue. I voti scarseggiano, dopo la defezione della Spd tedesca.
La decisione dei grillini di dare il loro assenso provoca una frattura profonda con la Lega, ma permette al governo italiano e al suo premier - che si è speso per questa soluzione - di acquisire una preziosa credibilità internazionale. E, in diplomazia, si ha spesso la memoria lunga.