Carlo Calenda è un personaggio controcorrente, soprattutto rispetto all'orientamento generale del Pd, e il suo utilizzo dei social network è intensissimo. Due caratteristiche dell'ex ministro per lo Sviluppo Economico che vengono confermate dalla nuova polemica che lo ha visto protagonista su Twitter.
Ieri è stato il giorno del duro attacco di Guy Verhofstadt, il capogruppo dei liberali all'Europarlamento, nei confronti di Giuseppe Conte, accusato di essere un "burattino" di Salvini e Di Maio nonché colluso con gli interessi del Cremlino. Dalle opposizioni in molti hanno abbracciato la posizione del leader dell'Alde, anche a costo di far sfoggio di quell'esterofilia sommessa che tanta acqua porta al mulino dei gialloverdi. Ma Calenda non è tipo da seguire il vento.
A me che qualcuno dia del burattino in una sede istituzionale internazionale al Presidente del Consiglio del mio paese mi fa notevolmente incazzare. Comunque la di pensi. https://t.co/f908tsGtut
— Carlo Calenda (@CarloCalenda) 13 febbraio 2019
In mezza giornata le risposte superano quota 1.600. Tra le prime reazioni illustri, vi è quella di un esponente del campo avverso (ma altresì all'opposizione per le inedite alchimie della Terza Repubblica): Guido Crosetto di Fratelli d'Italia.
Siamo in due, ma pare non ci sia consentito dirlo. Sai perché? Perché altri nostri colleghi italiani sono abituati ad insultare e quindi a tutta la “categoria” non è concesso uscire dal cliché. Paese strano...
— Guido Crosetto (@GuidoCrosetto) 13 febbraio 2019
Anche Jacoboni de 'La Stampa', non certo una firma tenera con il M5s, non condivide la gioia di chi gode nel vedere l'avversario attaccato.
Anche a me dispiace, ma più che per il “burattino”, epiteto per il folklore giornalistico politico, per il fatto che Conte si è fatto dire, senza obiettare, che il governo italiano “è sotto pressione del Cremlino”. Non ha fatto nemmeno una confutazione di rito. Ciò è inaudito
— jacopo iacoboni (@jacopo_iacoboni) 13 febbraio 2019
Tanti follower non sono però d'accordo. C'è chi afferma che l'Italia non può pretendere rispetto gratis, c'è chi ricorda che Juncker si è beccato dal nostro governo epiteti peggiori e c'è chi sottolinea che la cosa che fa "incazzare" è che "il problema non sono le parole di Verhofstadt, il problema è che ha ragione".
E, come in ogni dibattito social, che si rispetti, a un certo momento spunta anche l'immancabile "utente che cita il fascismo a sproposito".
Mi spiace Dino, il tuo voto è importante ma non sono pronto a dire cose che non penso per conquistarlo. Conte non è Mussolini e l’Italia non è governata da un dittatore. Il paragone c’entra come i cavoli a merenda. E se continuiamo su questa strada governeranno altri 20 anni. https://t.co/GUtWBnG4C2
— Carlo Calenda (@CarloCalenda) 13 febbraio 2019
Dissente anche il turboeuropeista Sandro Gozi.
Su questo non sono d’accordo. Il Parlamento europeo non è una sede “internazionale”: è “europea”, quindi è politica interna Carlo.
— Sandro Gozi (@sandrogozi) 13 febbraio 2019
Il punto non è questo, spiega Calenda, il punto è che il galateo istituzionale vale per tutti.
Questi sono insulti, non critiche irriverenti. Conte è imbarazzante ma quando è li rappresenta i cittadini italiani. Il galateo istituzionale esiste proprio per questo. E @guyverhofstadt ha dimostrato di non conoscerlo. https://t.co/j0oWBNcJMA
— Carlo Calenda (@CarloCalenda) 13 febbraio 2019
Ed è anche una questione di amor patrio. Perché non c'è bisogno di essere sovranisti per non tollerare gli attacchi alla dignità del proprio Paese. In questo, la distanza con altri esponenti della sua area è siderale.
Io non gioco a tennis. Sono troppo pingue. E non mi dispiace una bella polemica tosta. Ma non accetto attacchi alla dignità del mio paese. Conte o non Conte. Perché l’Italia merita rispetto indipendentemente da chi la rappresenta pro tempore. E noi italiani dobbiamo ricordarcelo. https://t.co/4pBOPbCxQA
— Carlo Calenda (@CarloCalenda) 13 febbraio 2019
L'ex ministro di solito cerca sempre di rispondere a tutti ma questa volta è davvero difficile. Lo scambio più fitto è con Luca Sofri.
La si pensa semplicemente che se devi indicare uno che faceva tutt’altro e che è stato pescato e costruito apposta per rappresentare sulla scena scelte fatte da altri, la lingua ha parole adeguate e chiare. Ti stai incazzando coi fatti e con la loro definizione più esatta. https://t.co/fIulBDQwoo
— Luca Sofri (@lucasofri) 13 febbraio 2019
E segnalo un'ultima cosa piccola, poi ci occupiamo di altro che non di permalosità nazionaliste ("maestra, Verhofstadt offende!"): in quel contesto è più mio rappresentante Verhofstadt, eletto come tale in un mio parlamento che ho votato, di Conte. @CarloCalenda
— Luca Sofri (@lucasofri) 13 febbraio 2019
Aia Luca sei su un terreno minato. Te lo ricordi “Renzi non è stato eletto e il suo Governo non è legittimo”? Il M5S lo ha ripetuto per anni. Attenzione a non andare per quella strada. https://t.co/u145P0oB6L
— Carlo Calenda (@CarloCalenda) 13 febbraio 2019
La discussione si fa estenuante. È il momento di prendersi una pausa...
Bene adesso dopo aver difeso il Presidente del Consiglio (il che mi ha provocato una discreta gastrite), vado a lavorare per dare il mio contributo alla sua defenestrazione. A stasera.
— Carlo Calenda (@CarloCalenda) 13 febbraio 2019
... Per poi riprendere al calar del sole.
Contestalo duramente, ne hai diritto, ma nei luoghi istituzionali internazionali non si offende il Presidente del Consiglio di una nazione. Punto. È un principio cardine delle relazioni internazionali. E il “loro lo fanno” non è una giustificazione. https://t.co/LolB2luroT
— Carlo Calenda (@CarloCalenda) 13 febbraio 2019