Si infiamma l'aula del Senato, e con essa la polemica tra maggioranza e opposizione, nelle ore che precedono il voto di fiducia sulla legge di Bilancio. Al centro della contesa, la decisione della presidente del Senato Elisabetta Alberti Casellati di non ammettere nel maxiemendamento depositato dal governo alcune norme, tra cui quelle che avrebbero consentito il via libera alla commercializzazione della cosiddetta cannabis light, vale a dire principio attivo thc inferiore allo 0,5%.
Una decisione, quella della presidente del Senato, che ha innescato immediatamente la reazione delle opposizioni, che hanno sottolineato con un lungo applauso e boati di approvazione lo stralcio. Di contro, i senatori di M5s che avevano sottoscritto la norma hanno immediatamente chiesto la parola per polemizzare sia con la Casellati che con le opposizioni, dando il via a un mini-dibattito che ha surriscaldato il clima nell'emiciclo.
I senatori pentastellati Alberto Airola e Massimo Mantero hanno sottolineato che stralciare le norme sulla cannabis light significa assestare un duro colpo agli agricoltori del settore, che invece si attendevano un sostegno e hanno accusato i colleghi di Lega e FdI di aver strumentalizzato ideologicamente la questione. A quel punto, ha chiesto la parola il leader della Lega Matteo Salvini il quale, riprendendo il contenuto di un suo tweet di qualche minuto prima, ha ringraziato pubblicamente la presidente Casellati "a nome di tutte le comunità di recupero dalle dipendenze che lavorano in Italia e a nome delle famiglie italiane per aver evitato la vergogna dello Stato spacciatore".
Stessi toni usati dalla leader di FdI Giorgia Meloni, che ha parlato di "vittoria di chi si batte per una vita libera da ogni droga", per poi aggiungere che "la droga non è mai leggera o innocua e noi continueremo a ribadirlo in ogni sede". Nelle fila del Pd, la deputata Chiara Gribaudo ha chiesto alla presidenza del Senato di rivedere la propria decisione sull'inammissibilita' e di fugare "ogni dubbio sulla possibile mancata imparzialità" di quest'ultima, mentre il presidente M5s della commissione Affari costituzionali di Montecitorio, Giuseppe Brescia, e' andato oltre chiedendone le dimissioni definendo "inammissibile il suo comportamento".
Sulla vicenda è intervenuto anche il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Federico D'Incà, che "pur rispettando la decisione e l'autonomia" della presidente del Senato, "non posso non rimanere amareggiato", anche perché "l'emendamento avrebbe colmato un vuoto normativo e regolamentato un settore". Da parte sua, la presidente Casellati è intervenuta in corso di seduta per motivare la propria decisione: "Tutte le mie decisioni sono scevre da condizionamenti politici - ha spiegato - perché la decisione del Presidente del Senato è una decisione meramente tecnica, che prescinde da questioni di carattere politico. Non si tratta di ledere alle ragioni degli agricoltori: questo è un emendamento di natura ordinamentale, e non potrebbe essere diversamente, laddove si estende l'ambito di applicazione della legge 242 del 2016, prevedendo la liceità della vendita della canapa. Prima era prevista la coltivazione. Ampliando alla vendita - ha detto ancora la Casellati - si viene a definire in maniera del tutto innovativa le condotte consentite e la quantità di principio attivo consentito".
Più tardi, fonti di Palazzo Madama hanno voluto specificare che l'esortazione a "fare un ddl" fatta in corso di seduta dalla presidente ai senatori di maggioranza che protestavano, derivava dal fatto che "l'emendamento è un tipo di intervento che non è tecnicamente possibile inserire in un comma della Legge di Bilancio, come prescritto dalla Corte Costituzionale, perché 'disciplina in maniera del tutto innovativa' un intero settore Un intervento di questo tipo si può fare solo attraverso un apposito disegno di legge".