Fosse per lui l’alleanza elettorale con i 5Stelle “andrebbe fatta ovunque” anche se “non possiamo calare dall’alto uno schema che rischia di essere improvvisato”. Per il momento, allora, Pd e M5s “devono dialogare, superare le reciproche pregiudiziali, mischiare i loro rispettivi elettorati”. Perché “solo allargando il campo democratico si può sfidare Salvini”. È quanto sostiene Goffredo Bettini, ex parlamentare Pd in Italia e a Strasburgo, che un mese ha ampliato la proposta di Renzi dell’accordo di emergenza Pd-M5s fino a un governo di legislatura, in un’intervista al Corriere della Sera.
Secondo Bettini il processo di avvicinamento Pd-5Stelle “sarà un percorso duro, perché fino ad ora siamo stati due mondi lontani e persino nemici”, ma la cosa importante è che “abbiamo aperto una fase nuova” e “spezzato il blocco tra populismo e antipolitica” che ha permesso al Pd di riconquistare “di nuovo uno spazio politico in cui agire”. E, cosa non secondaria – sottolinea l’influente dirigente Pd, suggeritore molto vicino a Nicola Zingaretti, “si è fermato Salvini e si è evitata la rapida discesa dell’Italia verso l’abisso”.
Certo, Bettini non si nasconde il fatto che “ora viene la parte più difficile”, cioè quella di costruire attorno all’alleanza di governo “un processo politico – spiega – nelle istituzioni e nella società, fatto di convergenze e di lealtà, ma anche di salutari tensioni e conflitti, di non semplici sintesi”.
Poi Bettini muove una critica al metodo e ai tempi con cui si sono nominati i sottosegretari, che avrebbe fatto durare meno perché “si è data l’impressione di cedere a logiche correntizie e c’è stata una pressione eccessiva di troppi per conquistare un ruolo” ma la squadra di governo “è buona” aggiunge. E Salvini, il leader leghista è spacciato? Il dirigente dem non lo crede affatto.
“Chiacchere – afferma – basta guardare i sondaggi” che danno la Lega ancora saldamente al primo posto. Poi puntualizza: “Salvini è un populista – attenzione, un populista, non un fascista — che ha costruito un movimento radicato nei territori e con delle solide alleanze internazionali”. E questo gli è stato possibile “dando delle risposte a domande vere poste da una società che si è sentita poco sicura e poco protetta nei processi globali”. Per poi chiosare: “Risposte sbagliate, in certi casi folli”.
Insomma, tornando alle alleanze elettorali, anche alle regionali, Bettini sostiene che si tratta di “valutare la maturità dei processi unitari situazione per situazione, senza forzature e imposizioni” perché altrimenti “ci potrebbe esser e da qualche part e una reazione di rigetto”. Quindi precisa che lui è “per il maggioritario vero” che può essere solo “a doppio turno” mentre finora si è sperimentato invece “un maggioritario anomalo e distorto che oggi, in un Parlamento sostanzialmente tripolare, può dare risultati squilibrati e non rappresentativi dell’elettorato”.
Infine l’ultimo passaggio dell’intervista è dedicato a Renzi, il cui desiderio di rompere con il Pd “non lo chiamerei affatto uno scisma”, che è semmai una “rottura dottrinaria irreparabile” e “non è questo il caso” sottolinea. Per poi aggiungere e concludere: “Secondo me sbagliano e preferirei restassero. Ma se a un certo punto Renzi e quest’area decidessero di tentare un loro movimento autonomo, non griderei allo scandalo. L’importante è che tutto rimanga sui binari del dialogo, di un rapporto costruttivo, direi di amicizia. Perché l’essenziale è ritrovarsi alleati nel centrosinistra per battere Salvini”.
E così “il male della divisione può diventare un bene, articolando e allargando la proposta delle forze democratiche”, chiude Bettini.