Con la chiusura delle urne, ieri sera alle 23, e l’inizio dello spoglio delle schede si è anche chiusa la più lunga, estenuante, stressante ed eccitata campagna elettorale che mai l’Italia abbia conosciuto. La fotografia del voto restituisce l’immagine della Lega e del centrodestra che strappano, in Emilia, Ferrara e Forli alla sinistra dopo più o meno settant’anni di incontrastato dominio mentre Pd e centrosinistra si tengono stretta Reggio Emilia e si riprendono Livorno dopo la parentesi grillina. E il M5S conquista in solitaria Campobasso, confermando però le difficoltà generali del Movimento giallo e il suo stato di non ottima salute.
Ciò che fa titolare al Corriere della Sera “La Lega avanza nelle città” mentre solo due settimane fa, dopo il voto europeo, si scriveva l’esatto contrario: Lega più diffusa tra provincie e campagne, Pd più arroccato nelle dimensioni metropolitane e centri storici. Tant’è. E fa esclamare a la Repubblica: “Altro che roccaforti rosse, Ferrara e Forlì alla destra”. L’istantanea di Libero è che “Salvini cresce e ora vuole fare tutto da solo”. E nella notte dei ballottaggi, quel che è più evidente è che” l’affluenza crolla” come sottolinea Il Fatto Quotidiano.
Archiviata la lunga campagna elettorale, c’è adesso un quesito: “Ma c’è vita oltre le urne?” A porlo è il quotidiano di via Solferino in un editoriale a firma del retroscenista Francesco Verderami. Ma questo interrogativo fa anche il paio con un secondo: “E anzitutto se c’è ancora un esecutivo in grado di affrontare i problemi che avrà pure ereditato ma che ha anche aggravato”? Perché il “’navigare a vista’ è stato il benefit di cui finora hanno goduto Di Maio e Salvini, per assenza di un’alternativa e per la capacità mediatica di scaricare sul passato ogni responsabilità”. Terzo quesito: “I vicepremier hanno un’idea, un progetto per il Paese, che vada oltre gli slogan e la logica del ‘giorno dopo giorno’”? È un ipotesi ancora tutta da verificare, secondo l’articolista.
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Ma ora, “chiuse le urne, l’auspicio è che le parole d’ordine vengano sostituite da ragionamenti responsabili” è l’auspicio, perché “l’idea di spezzare le catene dell’Italia è un modo per incatenarla, è un’operazione che ha finito per spaccare persino il governo, visto che il premier ha preso pubblicamente le distanze e minaccia le dimissioni se non potesse gestire la trattativa con Bruxelles dentro i canoni tradizionali”. Eppure c’è un’ennesima questione che ci si pone dinanzi: “L’interrogativo allora è se Salvini non mediti proprio la rottura per spezzare le catene anche nell’esecutivo e per porre fine a quello che considera un improprio tutoraggio dei tecnici”. Perché non si può “continuare a ‘governare a vista’, non possono immaginare di prolungare la campagna elettorale oltre le elezioni”.
A tutti questi punti di domanda posti dal quotidiano milanese, fa eco una indiretta risposta di Marcello Sorgi che dalle colonne dell’edizione di carta de La Stampa, che riflette sulla situazione post-voto: “Difficile dire se questo spingerà Salvini ad accelerare verso il voto anticipato, o a mantenere intatta la sua strategia non frettolosa, che punta a logorare nell’alleanza di governo Di Maio e il suo Movimento e a consumare a poco a poco Berlusconi e Forza Italia. Significativo quanto si vuole, il risultato dei ballottaggi non ha capovolto quello di due settimane fa. Ha solo rivelato che alleati e avversari del Capitano cominciano ad organizzarsi”. Come a dire, tranquilli: la campagna elettorale può ricominciare…
Tanto più che nel rispondere alla domanda di un lettore sul “perché in Italia c’è storicamente tanta reticenza ad interpellare l’elettorato”, il direttore del Corriere della Sera Luciano Fontana risponde nella usuale rubrica del lunedì che “ora se l’attuale maggioranza giallo-verde dovesse cadere, credo che l’unica strada per - corribile sarebbero nuove elezioni per tentare in tempi rapidi di creare una maggioranza omogenea. Non penso siano utili esperimenti tecnici, go - verni dei transfughi o diavolerie simili. Meglio che la parola torni agli italiani, come in Spagna e Austria”. E vista l’instabilità dell’alleanza gialloverde, nulla di più probabile che al voto si possa ritornare. E a breve. Settembre?
Però Il Giornale avanza un sospetto facendo proprio un dubbio della stessa maggioranza di governo. E cioè che “il Quirinale voglia insediare un esecutivo ‘Monti-style’”. Colle che guiderebbe un “terzo partito” all’opera “per smontare l’ipotesi lanciata dagli economisti della Lega, di introdurre i mini-bot”. Un asse politico “che a Roma trova il suo perno al Quirinale, ma in Europa ne ha un altro a Francoforte. Ed è rappresentato da Mario Draghi, il presidente della Bce, sceso in campo pesantemente sulla questione” quando pochi giorni fa ha ricordato che i mini-bot “o sono moneta, e allora sono illegali, oppure sono debito e allora il debito sale. Non c’è una terza possibilità”.