È il nuovo tesoriere del Pd da 24 giorni, nominato da Nicola Zingaretti il 5 marzo scorso, ma Luigi Zanda, una lunga esperienza politica dentro le istituzioni, sembra essere già scivolato su una buccia di banana, ritenuta per lo più “imbarazzante” per il partito a cui appartiene ed è un alto esponente. Un caso, dunque, che La Stampa di Torino riassume con questo titolo: “Primo colpo a Zingaretti sulla Casta”. O un contraccolpo: “Il fuoco amico, con buona pace di Matteo Renzi, è già partito”, la prima lettura offerta dal quotidiano sabaudo.
La proposta di cui si parla è doppia: quella di aumentare gli stipendi ai parlamentari italiani ed europei e di rintrodurre il finanziamento ai partiti. Proposta impopolare, di questi tempi. Il neosegretario Pd, come riporta una “breve” sul Corriere, la boccia attribuendola ad “una sua idea, non una proposta del Pd”.
E ancora La Stampa definisce la proposta “un assist per i grillini alla vigilia della campagna per le europee e per il rinnovo di quasi quattromila consigli comunali in tutta Italia”. “Nel Pd lo sconcerto è massimo – si legge nell’analisi - e i sospetti si moltiplicano, con i renziani che finiscono nel mirino. Se non altro perché da settimane erano a conoscenza di questa proposta di legge. Facendo immaginare agli amanti delle dietrologie che abbiano soffiato nell’orecchio dei 5stelle l’iniziativa di uno dei loro nemici interni. Anche se a loro discolpa c’è che una proposta di legge depositata a fine febbraio è di pubblico dominio. Fatto sta che Luigi Di Maio se ne esce con un affondo contro il Pd che dovrebbe votare il salario minimo invece che proporre di far crescere i salari degli onorevoli. Ed ecco come motiva Zanda la sua proposta di legge: ‘Occorre affrontare la questione del trattamento economico dei parlamentari secondo un approccio nuovo, che vincoli tutte le componenti del trattamento a un parametro obiettivo, sottraendolo alle pulsioni politiche e alle strumentalizzazioni di parte. Il migliore ancoraggio è quindi quello al trattamento dei membri del Parlamento europeo’. Peccato che anche se l’indennità sarebbe lievemente inferiore, la somma delle altre voci, rimborsi spese e di viaggio, farebbe lievitare lo stipendio mensile dai 13-14 mila euro attuali a 19 mila euro”.
Per Il Fatto quotidiano sulla proposta di aumentare gli stipendi ai parlamentari, “I dem ‘scaricano’ Zanda”. Colonne sulle quali si può leggere: “Luigi Zanda chi? Il giorno dopo la diffusione della proposta del neo tesoriere Pd, che ha depositato un disegno di legge per aumentare gli stipendi dei parlamentari, nel quartier generale dem si fa a gara per prendere le distanze dal senatore, fiutando – ormai forse troppo tardi – le conseguenze dell’ennesimo autogol elettorale. E allora ecco che, da Nicola Zingaretti in giù, la giornata di ieri è stata tempo di smentite, retromarce e affannose precisazioni riguardo alla natura ‘personale’ dell'iniziativa di Zanda. Con buona pace del suo ruolo e della sua influenza, soprattutto sulle questioni economiche, all'interno del partito”. “Dove poi non sono arrivate le prese di distanza – si legge più oltre nello stesso articolo - il Pd ha puntato il dito contro la campagna di disinformazione di giornali e opposizioni. Lo stesso Zanda, due giorni fa, aveva attaccato il Movimento 5 Stelle sostenendo che la propria proposta non aumentasse gli stipendi dei parlamentari, equiparandoli a quelli degli eurodeputati. Una mezza verità che teneva conto soltanto del salario lordo e non dei benefit (su tutti diaria e rimborsi, che fanno lievitare i guadagni a fine mese), ma abbastanza per contrattaccare: ‘Prima di fare della propaganda, consiglio a Luigi Di Maio di studiare attentamente il mio disegno di legge e di smetterla con questo attacco al Parlamento’”.
Ma è sulle pagine de la Repubblica che il senatore democratico, già capogruppo a Palazzo Madama nella scorsa legislatura, si difende in un’ampia intervista dal titolo: “Finanziare i partiti? Lo dice la Costituzione, non cedo all’antipolitica”. Dove spiega che “per me la battaglia a favore del Parlamento non sarà mai un autogol. Amo le sue prerogative, il suo prestigio e finché sto qua lo difenderò sempre. È un disegno di legge presentato molto prima di accettare l’incarico nel nuovo Pd. E sono colpito dai giudizi di chi non ha letto non dico il testo ma nemmeno la copertina”.
All’intervistatore che gli obietta che nel testo della proposta, però, “si parla di soldi”, il senatore risponde: “La proposta è per l’attuazione dell’articolo 49 della Costituzione attesa da 70 anni e che non si riesce ad attuare. Non ci si riesce perché chiede che i partiti vengano organizzati con metodo democratico ed è il vero punto debole dei 5 stelle che dall’orecchio della democrazia non ci sentono. Allora attaccano il finanziamento, un rimborso spese di 18 milioni l’anno per le necessità non della politica ma della democrazia”, che sarebbe – quest’ultima – il vero tema perché “la lotta è tra chi vuole il Parlamento e chi lo vuole abbattere”.
Zanda non considera forse la sua uscita un autogol? “In Italia – è la risposta all’intervistatore che gliela pone – si vota ogni momento, quindi il momento è sempre sbagliato perché diventa materia di campagna elettorale. La polemica è pretestuosa…”.
“Sì, ma poi come li spendono?” si chiede Filippo Ceccarelli nell’analisi che fa nella seconda metà della stessa pagina in un articolo dal titolo: Dagli eccessi alla corruzione, com’è difficile per i politici recuperare la credibilità perduta”. Si chiede poi Ceccarelli: “Ammesso e non concesso che ritornino i soldi del finanziamento pubblico, che garanzia c’è che i partiti, o quel che ne rimane fra leaderismi selvaggi e cerchi magici, li utilizzerebbero davvero in modo ragionevole?” Perché, in fondo, c’è anche un dato oggettivo: “Da Mani Pulite ai 49 milioni della Lega, a 45 anni dal primo provvedimento sul finanziamento il bilancio è problematico”.