Con un incontro a Palazzo Chigi, probabilmente martedì alle 10.30, il governo proverà a mettere d'accordo le due anime che sono emerse all'interno del Movimento 5 Stelle su ArcelorMittal: quella dei favorevoli allo scudo penale e quella dei contrari. Il primo "partito" è più numeroso tra i gruppi parlamentari del M5s.
Il secondo è più esiguo ma può contare nel capo politico, Luigi Di Maio, e in un pugno di senatori in grado di creare problemi alla maggioranza a Palazzo Madama.
È dunque una impresa niente affatto facile. A testimoniarlo le dichiarazioni arrivate ieri da Di Maio e dall'ex ministra per il Sud, Barbara Lezzi. Il Capo del M5s ha già ribadito la sua contrarietà a qualsiasi tipo di immunità giuridica, fosse anche destinata a chi procederà ai lavori di messa in sicurezza ambientale e oggi si scaglia contro la Lega e Matteo Salvini. Prendendo posizione a favore dello scudo, è il ragionamento di Di Maio, mettono da parte la sovranità nazionale - nonostante si dicano "sovranisti" - per difendere le multinazionali.
Lezzi, che con un emendamento ha fatto saltare già una volta il tentativo di ristabilire lo scudo penale, è ancora più netta. "Non può essere una soluzione estendere lo scudo, ma la soluzione è quella di fare investimenti certi su questa fabbrica", spiega. "Mittal sta perdendo due milioni di euro al giorno, non ci sono quattro miliardi di investimenti. Ma questi investimenti in quelle fabbriche sono necessari, perché quando la magistratura prevede delle prescrizioni per l'altoforno due, non lo fa perché si alza la mattina e decide di dare contro ad ArcelorMittal, ma perché un ragazzo è morto in quell'altoforno, investito dalla ghisa, lasciando moglie e figli", aggiunge per, poi, fare appello al governo e al commissario europeo, Paolo Gentiloni, perché "difendano gli interessi dell'Italia in Europa". Dati questi presupposti, rimane da vedere quali saranno le carte che giocherà il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e il ministro dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli.
Non è nemmeno detto che l'ipotesi dello scudo rimanga sul piatto dopo l'incontro. Nella maggioranza c'è ormai la certezza che la decisione di ArcelorMittal prescinda da qualsiasi paracadute giudiziario: l'azienda euro-indiana perde 60 milioni al mese e ha annunciato di voler procedere a 5 mila esuberi, circa la metà della forza lavoro complessiva. Difficile credere che l'addio annunciato dipenda dalla sparizione dello scudo. E infatti nella maggioranza non ci crede nessuno: la necessità di un decreto per reinserirlo - questo il vettore normativo a cui penserebbe il governo - si giustifica solo con la necessità di togliere alibi a Mittal e mettere la proprietà o, meglio, i locatari di Ilva davanti alle proprie responsabilità.
Solo dopo, si potrà ragionare sulle possibili soluzioni alternative. Compresa quella di una nazionalizzazione. L'estrema ratio, infatti, prevede che sia lo stato a riprendere il controllo dell'azienda, affidandola a un commissario in grado di rilanciarla. Ne ha parlato anche il segretario Cgil Maurizio Landini. "Noi al Governo stiamo dicendo che è utile che ci sia un ingresso anche dello Stato in questa società, in modo da controllare che gli investimenti si facciano e anche quelle che sono le politiche che vengono attivate", ha spiegato confermando, così, che l'ipotesi è sul tavolo del governo.
Altre proposte arriveranno nell'incontro di martedì - che fonti di Palazzo Chigi ancora non confermano - come annunciato da Barbara Lezzi: "Noi siamo pronti con diverse soluzioni, aspettiamo di incontrare il presidente Conte a cui faremo le nostre proposte" annuncia la senatrice che sembra propendere per un deciso intervento dello Stato, che coinvolga anche l'Unione Europea: "Ci possono essere fondi nazionali, li ho già indicati, e possono esserci anche fondi europei" per Ilva. "C'è chi dice che sono aiuti di Stato e che ci sono le direttive: ma queste sono questioni strategiche per l'Europa. Le deroghe ci sono state in altri Paesi, in questioni complesse come quella di Taranto".