Lo scudo penale, cancellato per i vertici dell'ex Ilva, è solo una foglia di fico per la multinazionale ArcelorMittal che ha preso la gestione degli stabilimenti di Taranto. Indietro non si torna. È questa la posizione di M5s che sul punto, viene riferito, marcia compatto. La decisione di presentare in Senato l'emendamento soppressivo dell'articolo 14 del decreto legge Imprese che conteneva la tutela penale a tempo, per chi fosse alla guida del polo siderurgico pugliese, non ha avuto una gestazione semplice ed è stata oggetto di un lungo confronto.
In 'ballo", infatti, due interessi di rilievo costituzionale: il diritto alla salute e il diritto al lavoro. Ma la norma firmata dall'ex ministro Barbara Lezzi e da altri 17, infine, è stata approvata. I senatori pugliesi, così come i loro colleghi a Montecitorio, avevano lasciato capire, che non avrebbero votato a favore del provvedimento e neanche della fiducia, poi posta sul decreto, se non fosse stata eliminata questa previsione.
Tre i punti fermi: ArcelorMittal bluffa perchè non può mollare sic et simpliciter l'industria siderurgica che ha rilevato. Un sondaggio fra i lavoratori ha portato il 90% degli iscritti al sindacato Usb a dire no all'immunità penale. Lo scudo sarebbe stato incostituzionale.
A parlare di foglia di fico, nella serata di ieri, quasi all'unisono, sono stati il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, e alcuni deputati pugliesi che hanno seguito da vicino la questione: "È evidente a tutti che la questione dell'immunità penale è la foglia di fico dietro la quale Mittal nasconde i propri interessi economici e il tentativo di scaricare sugli italiani i costi delle perdite economiche, che quest'anno si attestano intorno agli 800 milioni, e battere cassa con lo Stato. L'immunità non la vogliono nè i lavoratori - è di oggi un sondaggio interno all'ex Ilva che lo conferma - nè le istituzioni locali a tutti i livelli, dal sindaco di Taranto al presidente della Regione, dall'Arpa alla Procura di Taranto", affermano infatti i portavoce tarantini del MoVimento 5 Stelle alla Camera Gianpaolo Cassese, Rosalba De Giorgi, Alessandra Ermellino e Giovanni Vianello.
"È Mittal stessa ad aver riconosciuto, nel corso di un'audizione, che la questione immunità non è nel contratto: questo rende impossibile qualunque contestazione da parte loro di un mancato rispetto dei patti - proseguono i deputati pentastellati - lo Stato Italiano ha finora rispettato tutti gli accordi pattuiti, cosa che non sta facendo la multinazionale indiana, come confermano gli stessi lavoratori. L'impressione è che si stiano sottraendo ai loro doveri nei confronti dei cittadini e dei lavoratori di Taranto, creando ad arte un allarmismo che danneggia soltanto il territorio. Non è con questo atteggiamento, confermato purtroppo anche oggi a mezzo stampa, che l'azienda può determinare le condizioni affinchè possa continuare a gestire l'impianto" aggiungono.
"Per noi non c'è trattativa possibile se non si mettono al primo posto il diritto alla salute dei cittadini di Taranto e quello alla sicurezza dei lavoratori dell'acciaieria. Il nostro invito, quindi, è quello di valutare un accordo di programma sul modello di quello messo in campo a Genova, che è stato in grado di coniugare salute, rispetto dell'ambiente e conservazione dei livelli occupazionali. Solo così si potrà proseguire lungo la via, già tracciata, della riconversione economica del territorio tarantino, su cui il governo deve imprimere una svolta decisiva".
Per la senatrice Barbara Lezzi "è inaudito che una multinazionale non mantenga gli impegni presi con il nostro Stato e i politici, da Renzi a Berlusconi, che si stanno facendo intimorire sono senza orgoglio e dignità. Non meritano di parlare in nome degli italiani. L'articolo 51 del codice penale e il decreto 231 del 2001 sulla responsabilità degli amministratori tutelano anche quelli dell'ex-Ilva. Non si accampino pretesti sulla pelle dei lavoratori e dei cittadini di Taranto"
Intanto, il Presidente del Consiglio vedrà oggi pomeriggio i rappresentanti di ArcelorMittal e la partita non sembra essere chiusa. Anche per il premier, secondo quanto trapela dall'incontro con i sindacati, la norma sulla tutela penale non può essere considerata giustificazione per un recesso da parte della multinazionale.