C'è l'accordo tra le forze di governo per approvare entro la fine dell'anno la riforma della giustizia, uno dei nodi sui quali si consumò, la scorsa estate, la rottura tra M5s e Lega, e che rappresenta uno dei temi più delicati dell'agenda politica dei prossimi mesi.
Sul tavolo del vertice a Palazzo Chigi, cui ha partecipato il premier Giuseppe Conte, i punti centrali della bozza che il Guardasigilli, Alfonso Bonafede, aveva presentato il 31 luglio: una giustizia più rapida, con il dimezzamento dei tempi dei processi, e nuove norme per il Consiglio superiore della magistratura, dopo lo 'scandalo' emerso dall'inchiesta di Perugia.
L'intesa c'è, affermano sia il ministro della Giustizia sia il suo precedessore in via Arenula Andrea Orlando - oggi vicesegretario del Pd - al termine della riunione: entrambi parlano di "condivisione" sull'obiettivo di processi penali e civili più rapidi - con una durata massima di 4 anni per quelli penali, che diventa media per i procedimenti civili - e su una "radicale" riforma dell'organo di autogoverno delle toghe, con un nuovo regime di "incompatibilità" per spezzare i legami tra politica e toghe e mettere fine alle degenerazioni correntizie.
Su un punto, ammette il Guardasigilli, si registra una "divergenza" che necessita di "approfondimenti", e non è un punto da poco: si tratta infatti dell'ipotesi di riformare il sistema elettorale per Palazzo dei Marescialli introducendo un 'sorteggio', sia pur limitato a una fase, per i togati che siederanno in Consiglio.
Bonafede si dice soddisfatto e convinto di aver dato il via a una "rivoluzione" per la giustizia: ora lavorerà con i suoi uffici a un nuovo disegno di legge delega governativo, da approvare entro il 31 dicembre prossimo, appena prima dell'entrata in vigore, fissata per il primo gennaio, della nuova prescrizione - approvata con un emendamento alla legge 'Spazzacorrotti' lo scorso anno - che prevede lo stop dei termini dopo la sentenza di primo grado.
Nessun obiettivo di modificare la riforma della prescrizione, ha confermato Bonafede, il quale invece dovrà prima o poi riprendere in mano le norme sulle intercettazioni. Anche questo tema - di cui oggi non si è parlato - rappresenta uno snodo centrale dal punto di vista politico: l'attuale Guardasigilli, infatti, subito dopo il suo insediamento al dicastero di via Arenula nell'estate 2018, bloccò la riforma varata dal precedente Governo (e quindi proprio da Orlando) con l'obiettivo di voler presentare una normativa del tutto diversa.
Da allora, con alcuni rinvii, è rimasto lo stop alla riforma Orlando, e al ministero della Giustizia sono stati avviati tavoli di lavoro per elaborare nuove norme. Di giustizia torna infine a parlare, proprio nel giorno del vertice governativo, il leader della Lega Matteo Salvini, in diretta Facebook: al Paese serve una riforma della giustizia, "ma non come la pensano Pd e M5s", ha detto, spiegando che quella che lui ha in mente prevede "tempi certi e processi brevi" e il rispetto del "principio che chi sbaglia paga, anche se lo fanno i giudici".