Il vento autonomista torna a soffiare forte nel Nord dell'Italia. I sindaci di tutti i capoluoghi lombardi governati dal centrosinistra stanno aderendo al referendum indetto per il 22 ottobre dai governatori di Lombardia e Veneto, Roberto Maroni e Luca Zaia, per dare più autonomia alle due regioni.
Ovviamente sarà un referendum solo consultivo, ma a nessuno sfugge il valore politico che potrebbe avere una grande partecipazione al voto e soprattutto una schiacciante vittoria del Sì, data da molti già per scontata.
L'articolo 116 della Costituzione riconosce alle cinque Regioni a statuto speciale “forme e condizioni particolari di autonomia” e non esclude che alcune di esse possano essere concesse anche ad altre Regioni. Ma questo è possibile solo all’interno di una cerchia bene definita di temi.
Come funziona l'autonomia delle Regioni
Le pincipali materie in cui è già richiesto l’accordo tra Stato e Regioni:
- Istruzione
- Tutela del lavoro
- Protezione civile
- Trasporti
Materie su cui lo Stato ha competenza esclusiva:
- Norme generali sull’istruzione
- Tutela dell’ambiente e dei beni culturali
- Giustizia
Perché Lombardia e Veneto vogliono il referendum
Le due regioni vogliono poter legiferare in via esclusiva su una serie di argomenti che oggi richiedono l’accordo con lo Stato. Per fare questo non sarebbe necessario modificare la Costituzione, ma basterebbe una semplice legge dello Stato. In realtà, dietro la genericità del quesito referendario e il suo formale rispetto del dettato costituzionale, c’è l’aspirazione a ben più ampi poteri.
Maroni, ad esempio, ha già detto di volere "lo statuto speciale per la Lombardia, come quello della Sicilia". Ma, soprattutto, vuole che "i lombardi si tengano le tasse che pagano".
C'è già chi si tiene i soldi delle tasse
Oggi lo possono fare solo le Regioni a statuto speciale.
- La Sicilia trattiene il 100% del gettito fiscale
- La Val d’Aosta e Trentino Alto Adige il 90%
- La Sardegna il 70%
- Il Friuli Venezia Giulia il 60%
Lombardia e Veneto occupano i primi due posti nel contributo fiscale dato al resto del Paese, con uno scarto tra tasse e spese pubbliche effettuate sul proprio territorio di oltre 70 miliardi.
La proposta alternativa di Bonaccini
Al governatore dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, la svolta autonomista piace, ma niente a che fare con i referendum della Lega Nord in Lombardia e Veneto. "Noi cerchiamo l’autonomia nel solco della Costituzione", racconta a Repubblica "e vogliamo farlo con l’accordo di sindacati e imprese".
"Il centrosinistra" aggiunge Bonaccini, "è da sempre attento all’autonomia dei territori. Molto più della Lega, che ha fatto molti slogan, ma poi quando è stata al governo ha fatto politiche centraliste. Noi chiediamo maggiore libertà su specifiche competenze e maggiori margini per gestire le risorse che ci trasferisce lo Stato. Le competenze sono sanità e welfare, lavoro e formazione, impresa ricerca e sviluppo, ambiente e territorio. In pratica chiediamo la libertà di utilizzare più risorse per gestire alcune funzioni. Parliamo di una autonomia fiscale, in parte, ma soprattutto della libertà di decidere dove investire i fondi".