Mentre la proposta di legge elettorale basata sul modello tedesco è pronta ad arrivare alla Camera già lunedì prossimo, due date dividono il Paese: autunno 2017 e primavera 2018. Tra le due date oscillano due fronti che mescolano partiti e parti sociali, forze economiche e influencer. L'accelerazione impressa all'accordo sulla legge elettorale da Pd, Fi e M5s fa intravedere, secondo alcuni sancisce, l'avvicinarsi delle elezioni politiche: da una parte c'è chi vuole il voto anticipato in autunno, dall'altra chi preferirebbe votare a scadenza naturale nei primi mesi del prossimo anno. Nel mezzo un 'fronte del 'ni' che, più che il voto anticipato, critica il 'tedescum' e le sue possibili conseguenze politiche, ovvero un revival del 'Patto del Nazareno' tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi.
Il fronte del Sì
Tra chi vuole le elezioni subito ci sono le principali forze politiche.
- Il M5s chiede da tempo che la legislatura finisca il prima possibile e per questo si è unito all'accordo tra Pd e Fi sulla legge elettorale tedesca.
- Forza Italia. Silvio Berlusconi, dopo aver nicchiato a lungo, ha sciolto la riserva e accetta di votare in autunno.
- La Lega, pronta a superare le critiche alla riforma elettorale pur di andare alle urne presto.
- Il Pd ufficialmente non accelera, anche se i retroscena parlano di una certa fretta di Matteo Renzi, e comunque la maggioranza del partito dà per scontato che si voti tra settembre e ottobre.
Il fronte del No
Al fronte del voto subito si contrappone quello del 'ma che fretta c'è?'. È un fronte che vuole prima l'approvazione della manovra economica e solo dopo le urne. In ballo ci sono parecchi soldi: se l'Italia non raggiunge gli obiettivi economici positivi indicati dalla Ue, deve alzare l'Iva dal 1 gennaio. Solo la manovra, o un decreto correttivo approvato di gran carriera, possono evitare il rialzo dei prezzi. Ecco allora che per motivi a volte diversi, tra i contrari al voto subito ci siano pochi partiti ma molte forze sociali ed economiche.
- Tra i partiti il più agguerrito è Ap di Angelino Alfano, che teme anche la nuova legge elettorale. Ma anche il Partito radicale.
- Ma sono soprattutto singoli politici o forze economiche e sociali a frenare, soprattutto dopo il calo di borsa seguito all'accordo sulla legge elettorale. Tra i primi il ministro Carlo Calenda, Mario Monti, Romano Prodi, ed Enrico Letta. Il loro timore è che i conti pubblici vengano strapazzati, la credibilità del Paese vacilli e l'esito delle urne non dia un governo stabile.
- Più che il voto anticipato è il sistema elettorale che preoccupa Confindustria, che per voce del suo presidente Vincenzo Boccia ha tuonato contro il ritorno al proporzionale.
- Fredda sul voto anticipato anche la Cgil.
- Tra i giornali molti i dubbi sul voto in autunno espressi da Repubblica e Corriere della Sera negli editoriali di ieri e oggi in cui si ricordano anche tutte le riforme che verrebbero bloccate se si votasse presto.
Il fronte del 'Nì'
E come sempre c'è anche un fronte del 'Nì'. Sono tutti quelli che non si schierano apertamente contro il voto anticipato, ma criticano la legge elettorale cui si sta lavorando e l'ipotesi di una alleanza di governo tra Pd e Fi dopo il voto.
- La minoranza Pd di Andrea Orlando
- Campo Progressista di Giuliano Pisapia
- Mdp
- Sinistra italiana.
Discorso a parte per Mattarella e Gentiloni
Il Capo dello Stato attende che l'auspicata riforma elettorale veda la luce e non nasconde la sua preoccupazione per il destino dei conti pubblici, ma tacerà fino a quando non ci saranno fatti concreti sul tavolo. Il premier è impegnato nel continuare il lavoro del governo, e con lui il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan. C'è chi dice che siano anche pronti a varare un decreto per sterilizzare l'aumento dell'Iva in caso di elezioni anticipate. Il governo resterà finchè avrà la fiducia, spiegano, ma non è disponibile a fare un passo indietro se non ci sarà una decisione esplicita dei partiti di maggioranza. E se Vincenzo Visco da Bankitalia chiede uno "sforzo eccezionale" per superare la crisi e le incertezze politiche, l'Europa per ora non si mette di traverso e si dice disponiobile a trattare sulla tempistica della manovra in base alla data del voto.
Tempi record per l'approvazione del 'tedescum'
L'asse Pd-FI-M5S conferma per lunedì 5 giugno l'approdo del 'tedescum' in Aula alla Camera. Non solo. I fautori dell'intesa sul sistema tedesco incassano anche una tempistica record: via libera alla riforma entro la prossima settimana, quindi giovedì 8 giugno o al massimo venerdì 9. Niente pausa dei lavori per la campagna elettorale delle amministrative, come prevede invece la tradizione. Il calendario fissato dalla conferenza dei capigruppo di Montecitorio rende fattibile l'ok finale del Senato entro la prima settimana di luglio e prevede un tour de force dei lavori in commissione Affari costituzionali, dove è appena stato presentato il testo dell'emendamento del relatore Emanuele Fiano (Pd), che cancellerà il Rosatellum per passare al sistema tedesco. Dopodiché, la commissione procederà a tappe forzate con l'obiettivo di chiudere l'esame entro la giornata di sabato, lavorando con molta probabilità anche il 2 giugno.
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