Roma - No a nuove tensioni con le toghe, ma sulla riforma del processo penale restano tensioni all'interno della stessa maggioranza di governo. E proprio per prudenza la maggioranza decide, con il voto dell'aula del Senato, di rinviare il voto di palazzo Madama, mettendo all'ordine del giorno il ddl sul cinema come primo punto da esaminare. Complici i numeri risicati del governo al Senato. Di buon mattino, con l'intervista ancora fresca in cui Andrea Orlando paventa la fiducia, basandosi, riconosce lo stesso presidente del Consiglio, su "cose di buon senso, visto che tutti sappiamo che il governo rischia sempre al Senato", Matteo Renzi esclude "tendenzialmente" la fiducia sul pacchetto giustizia in discussione al Senato, perche' si tratterebbe, in sostanza, di un atto ostile nei confronti dell'Anm.
"La questione - spiega - e' semplice: abbiamo fatto regole che considero buone ma mettere fiducia su una questione per cui il capo dei giudici, il dottor Davigo, che ha detto anche cose pesanti su di me ma che ho il dovere di ascoltare, perche' avra' le sue motivazioni, dice che sono dannose e inutili, allora la fiducia su atti per la giustizia che i giudici dicono dannosi prima metterla ci penso due o tre volte". Dunque, sintetizza Renzi, "si va in Aula e li' si vedra'" mentre il ricorso alla fiducia "e' tendenzialmente escluso". Angelino Alfano non vede le stesse criticita' "Pensiamo che la fiducia non faccia correre particolari rischi. E' evidente che se dovesse essere snaturato a scrutinio segreto il senso di questa normativa in fase di approvazione, noi il voto finale non potremmo darlo". "Avevamo chiesto di mettere la fiducia - ricorda ancora il leader Ncd - ma la valutazione ultima di opportunita' compete al presidente del Consiglio. Su certi argomenti il voto segreto in aula puo' rappresentare una tentazione troppo forte per segmenti giustizialisti: dentro questo provvedimento ci sono elementi come la riforma delle intercettazioni e la nostra preoccupazione e' che a voto segreto si possano realizzare intese tra giustizialisti dei 5 stelle e giustizialisti interni ad alcuni settori del Pd". (AGI)