Roma - Ricorda implicitamente il primo articolo della Costituzione, sottolinea il valore fondativo del lavoro nella Repubblica. Sergio Mattarella, nella cerimonia al Quirinale per la consegna delle Stelle al merito al lavoro, declina la ricorrenza del Primo Maggio guardando soprattutto ai giovani.
è a loro che si richiama esplicitamente quando torna a evocare il rischio di una generazione condannata "con l'esclusione di oggi anche a un'ipoteca negativa sulla condizione di domani", ed è per loro che chiama il sistema Paese a una "responsabilità comune di creare occasioni di occupazione a sufficienza, affinché - ammonisce il Presidente della Repubblica - la cittadinanza sia piena e non mutilata". E questo, chiarisce, è "un impegno costituzionale vivo e attuale che costituisce una spinta incessante" di fronte al quale "non ci sono ricette facili, non c'è un provvedimento di per sé risolutivo della complessità dei problemi. Per questo - insiste - è necessaria una straordinaria convergenza di forze pubbliche e private, politiche e sociali, imprenditoriali e sindacali, di investimenti in infrastrutture strategiche, formazione permanente, ricerca, innovazione, trasparenza".
Per questo, chiarisce, "non basta neppure l'Italia da sola. Per noi e per tutti c'è bisogno che l'Europa ritrovi se stessa". è per questo che Mattarella evoca "il dramma della ricerca del lavoro", di fronte al quale invita a "non arrendersi", per spiegare che la Festa del lavoro è davvero tale se ne assume il diritto come bandiera, se pone al centro chi oggi vive la difficoltà, la precarietà, la disoccupazione e la povertà che ne è conseguinza, e tavolta al tempio stesso causa".
E allora, se "sul lavoro è fondata la nostra Repubblica e il lavoro è elemento decisivo della realizzazione di ciascuna persona, dunque della coesione sociale, della convivenza civile" e se "i tempi nuovi ci spingono a intendere il lavoro nel senso più ampio della partecipazione allo sviluppo", così come "l'apertura ai nuovi lavori e ai nuovi mercati è necessaria per tenere il passo del cambiamento e viverlo da protagonisti", Mattarella ricorda anche che "il lavoro è essenziale per integrarsi pienamente nella società, per vivere a testa alta nella propria comunità". E dunque "non è modernità - scandisce - quella che immagina lo sviluppo come inevitabile creazione di fasce di emarginati, di territori di esclusi, di aree di dimenticati".
"Il 2015 - rileva ancora il Capo dello Stato - è stato un anno di ripresa, seppur contenuta, dopo una lunga e pesante recessione. Nell'anno passato diversi valori macroeconomici hanno registrato un segno positivo e, su queste basi, è salito il numero degli occupati e diminuito il tasso di disoccupazione. C'è più lavoro anche nel Mezzogiorno e in alcune delle aree più deboli. Non possiamo accontentarci di numeri ancora limitati rispetto alla dimensione dei problemi da risolvere, e tuttavia - osserva - questi numeri costituiscono una spinta, un'opportunità, una sfida che deve impegnare l'intero Paese, pur nel confronto aperto tra interessi e opinioni differenti".
Per il 2016 che "sarà ancora, secondo le generali previsioni, un anno di crescita moderata" si tratta di "fare di tutto per rafforzare ulteriormente la dinamica occupazionale, utilizzando ogni strumento, a partire dal clima di maggior fiducia delle imprese. Il lavoro è una prova di concretezza e di credibilità per le istituzioni perché si tratta del tema più importante per la maggioranza dei nostri concittadini.
Il più importante anche per il futuro del Paese".
Ma "al centro della questione lavoro ci sono proprio i giovani, che il lavoro non trovano, che stanno pagando alla crisi un prezzo insostenibile, e che rischiano di subire, con l'esclusione di oggi, anche un'ipoteca negativa sulla loro dignità di domani", ammonisce ancora Mattarella. "La generazione più istruita di tutte quelle precedenti è posta al margine, proprio dalla società e dal mercato che richiedono più conoscenze e più saperi. Non possiamo assistere inerti - esorta - allo spreco di larga parte di una generazione. L'Italia non può permetterselo".
"Nel nostro Paese l'occupazione dei giovani è più bassa rispetto alla media europea, segno di difetti specifici e strutturali del nostro sistema. Ne sono una conseguenza anche i dati congiunturali, che segnalano benefici occupazionali per i cinquantenni, il che è positivo, ma non per i venticinquenni. L'Italia non può fare a meno del lavoro e dell'intelligenza della giovane generazione", è l'insistente richiamo che arriva dal Colle.
"Un Paese che escludesse i giovani, o li inserisse nel mondo del lavoro in modo precario e inadeguato, si condannerebbe da solo. Vanificherebbe risorse, limiterebbe la produttività e la carica innovativa, svilirebbe i talenti, paralizzerebbe il rinnovamento sociale che proprio i giovani possono promuovere. Un Paese che non riuscisse ad includere i giovani sarebbe un Paese fermo", avverte ancora il Capo dello Stato.
(AGI)