Roma - Sono circa un centinaio gli indagati a piede libero accusati dalla Procura di Roma di associazione di stampo mafioso nell'ambito dell'inchiesta su 'Mafia Capitale'. E tra questi continua a esserci ancora l'ex sindaco Gianni Alemanno, oggi rinviato a giudizio dal gup Nicola Di Grazia per corruzione e finanziamento illecito, in relazione a una 'tranche' di questa inchiesta. All'indomani della prima ondata di arresti (37 in tutto, eseguiti il 2 dicembre dello scorso anno), il procuratore Giuseppe Pignatone, in conferenza stampa, si limito' a dire che quella di Alemanno "era una posizione ancora da vagliare". Mentre il gip Flavia Costantini, nell'ordinanza cautelare, scrisse che "vi erano dinamiche relazionali precise, che si intensificavano progressivamente, tra Alemanno e il suo entourage politico e amministrativo, da un lato, e il gruppo criminale che ruotava attorno alla figura di Salvatore Buzzi e Massimo Carminati, dall'altro" e che "queste dinamiche relazionali avevano ad oggetto specifici aspetti di gestione della cosa pubblica e che certamente non possono inquadrarsi nella fisiologia di rapporti tra amministrazione comunale e stakeholders (portatori di interessi economici, ndr)". Insomma, le condotte di Alemanno avrebbero agevolato i 'big' del solidazio criminoso che per anni, a Roma e nel Lazio, ha fatto affari (leciti e non) con imprenditori collusi, con dirigenti di aziende municipalizzate e con esponenti politici di ambo gli schieramenti per il controllo delle attivita' economiche e per la conquista degli appalti pubblici. Alemanno, in tv, prese subito le distanze da Carminati ("non l'ho mai conosciuto personalmente, facevamo parte di due ambienti contrapposti fin dagli anni '70"), rivendicando "una storia di lotta alla mafia" e ammettendo pero' "di aver riposto fiducia in persone che, se le accuse fossero confermate, l'hanno tradita".
Quanto a Buzzi, presidente della cooperativa '29 giugno', a detta di Alemanno, "e' stato cresciuto dalla sinistra e ha raggiunto il massimo di espansione proprio con le giunte di sinistra". "Noi - disse l'ex sindaco, pur riconoscendo 'contatti quotidiani' tra il suo staff e il 'ras' delle cooperative sociali - abbiamo tentato di ridimensionarlo un minimo". Di parere diverso fu il tribunale del riesame che lo scorso gennaio affermo' come Buzzi avesse fatto "affari d'oro" con la giunta Alemanno e con gli amministratori pubblici che ne erano espressione, "anche grazie al ruolo svolto da Carminati che con quei personagi aveva dimestichezza perche' provenienti dalla sua stessa area politica. Sentito dalla commissione parlamentare antimafia, la scorsa primavera, Alemanno spiego' che non c'era alcun segnale di infiltrazione mafiosa in Comune e che "non c'era nessuna idea, neanche lontana, di un simile rischio all'interno del Campidoglio". A giugno, in un'altra intervista televisiva, Alemanno disse di non aver commesso alcuno dei reati contestati: "Dall'inchiesta usciro' a testa alta. Puo' riguardare un problema politico ma certamente, per quanto mi riguarda, non un problema giudiziario". A ottobre, la Procura di Roma concluse gli accertamenti contestando i soli reati di corruzione e finanziamento illecito (per i quali oggi c'e' stato il rinvio a giudizio. Alemanno esulto' evidenziando come di fatto fosse completamente caduta l'accusa a suo carico prevista dall'articolo 416 bis del codice penale, ovvero l'associazione a delinquere di stampo mafioso: "per me e' la fine di un incubo". In realta', l'ex sindaco dovra' pazientare ancora un po' perche' questo segmento di indagine la Procura continua a tenerlo aperto. (AGI)
(18 dicembre 2015)