Philip Boit vede e tocca con mano la neve solo due anni prima di gareggiare per il Kenya ai Giochi invernali di Nagano nel 1998: ha 25 anni e viene da Eldoret, una città nella Rift Valley. Corre e promette bene nel mezzofondo. Il suo sogno è partecipare alle Olimpiadi sugli 800 metri. La realtà lo vede al traguardo della 10 km di fondo in 92esima posizione con 20 minuti di distacco dal primo: il norvegese Bjørn Dæhlie, una leggenda da 8 ori complessivi nella sua carriera a Cinque Cerchi.
Nella foto di apertura a questo articolo vediamo un Boit piuttosto incerto sugli sci aiutato proprio da Dæhlie, che lo aspetta prima di andare a ricevere i riconoscimenti e fare le foto di rito con la medaglia. Il grande Bjørn vuole celebrare l’impresa dello sconosciuto Philip con un gesto di sportività diventato un simbolo di amicizia e ispirazione per l'Africa. L’eredità di questo momento? Boit decide di chiamare suo figlio Dæhlie per ricordare questo giorno speciale iniziato con una proposta insolita da parte di una grande azienda dell’abbigliamento sportivo.
Dalla Rift Valley alla Finlandia
Philip Boit nasce in una famiglia di allevatori di bestiame nel Kenya occidentale, terra di alcuni dei mezzofondisti più veloci del mondo: suo zio Mike è medaglia di bronzo negli 800 metri ai Giochi del 1972. Ci prova anche lui, ma non è tra i prospetti per diventare un professionista. Così quando Nike cerca un corridore disposto ad allenarsi come sciatore di fondo, si fa avanti. In realtà il progetto è molto articolato e prevede di trovare atleti dall’Africa subsahariana per ampliare la base di Paesi alle Olimpiadi Invernali, che rischiano di essere un evento per poche federazioni.
I giovani africani selezionati si ritrovano tutti nel centro sportivo allestito in Finlandia, con un cambio di clima drastico. “All'inizio è stato un po’ difficile perché non avevo mai provato un clima così freddo in vita mia”, racconta Boit alla BBC ricordando quei giorni. Ma non perde l’occasione, impara a stare in equilibrio sugli sci e poi torna ad allenarsi con gli skiroll (lo sci a rotelle) tra le strade del suo paese natale. Si qualifica per la gara dei 10 km a tecnica classica di Nagano 1998, unico atleta dal Kenya.
Il giorno della gara, oltre alla neve, inizia a piovere e le condizioni diventano proibitive per tanti atleti esperti. Figuriamoci per un neofita con pochi mesi di pratica. “Sono caduto così tante volte. Salendo, gli sci raccoglievano neve. Era come se avessi messo dei tacchi alti!”. Bjorn Daehlie vince la gara diventando il primo atleta a vincere sei medaglie d'oro alle Olimpiadi Invernali (ne vincerà poi altre due). Invece di andare direttamente alla cerimonia di premiazione aspetta l'ultimo concorrente con una decisione che sconvolge il cerimoniale. “Abbiamo sentito dagli altoparlanti che era vicino allo stadio e sono rimasto davvero colpito dal fatto che fosse riuscito a finire la gara in queste condizioni e ho voluto aspettare sul traguardo questo coraggioso sciatore africano”, racconta Daehlie.
L’ispirazione per provarci ancora
Sul cosa si siano detti i due, le versioni sono contrastanti. Boit riferisce di aver subito ringraziato Bjorn. Daehlie riferisce altro. “Mi disse ti batterò a Salt Lake” lanciando il guanto di sfida del Kenya alla Norvegia all’appuntamento del 2002. “Fu una risposta divertente!”, ricorda il campione scandinavo. Quando Philip Boit torna in Kenya è già una celebrità. I fan lo accompagnano dall'aeroporto al suo villaggio natale, cantando e ballando lungo la strada. “Continuavo a dire loro che ero arrivato ultimo! Ma erano così orgogliosi e mi dicevano: dovresti dire che sei il campione, perché non c'erano altri keniani lì, quindi hai vinto per i keniani!”.
L'esperienza è così significativa per Philip che chiama uno dei suoi figli Dæhlie, in onore del campione norvegese. Che frequenta e ospita a casa sua. Philip Boit continua a credere nel suo sogno, vende parte del bestiame di famiglia per finanziare l'obiettivo di gareggiare. Partecipa ad altre due edizioni dei Giochi Olimpici invernali: a Salt Lake City 2002 nello sprint individuale e nei 10+10 km; a Torino 2006 alla gara dei 15 km. Si ritira dalle gare nel 2011. La sua partecipazione alle Olimpiadi del 1998 e il commovente momento sul traguardo hanno contribuito a ispirare una nuova generazione di atleti degli sport invernali in Africa. Prima di lui solo il Senegal aveva partecipato nell’edizione del 1984 a Sarajevo. Dopo l’avventura di Boit si sono aggiunti Camerun, Etiopia, Ghana e Madagascar e poi ancora Zimbabwe, Togo, Marocco, Nigeria e Sudafrica.