Giovanni Carberlotto ha un sogno: non fare la vita del padre e degli zii, che sono venditori ambulanti di scarpe per boscaioli. E il coraggio di prendere un rischio: produrre scarponi da sci. Siamo a Montebelluna, nel Trevigiano, dove le aziende locali di manifattura sono specializzate nella produzione di calzature di cuoio per la montagna. Giovanni nasce nel 1941 e finiti gli studi entra nella squadra ambulante di famiglia, che gira i paesi con un camioncino Lancia Esadelta per vendere scarpe.
La svolta arriva nel 1960 con la chiamata alle armi: il servizio di leva in quei tempi dura 18 mesi e spesso diventa un’occasione per imparare “un mestiere”. Giovanni, arruolato nella compagnia sciatori degli Alpini, impara a sciare e prende il brevetto di maestro militare. Impara a riconoscere gli scarponi, i materiali e cerca soluzioni innovativa per renderli più comodi. Torna a casa dopo il congedo e convince suo padre di non voler fare l’ambulante. Nel 1963 la famiglia Caberlotto vende un pezzo di terra per finanziare la nuova attività: la Caber. Un marchio sconosciuto, che fatica a farsi conoscere e apprezzare nonostante gli sforzi di fratelli e zii.
Un genio che guarda lontano
Nel 1965, alla morte del padre, Giovanni prende in mano le redini del business di famiglia e promette grandi rivoluzioni. Soprattutto guarda con interesse a un materiale inedito per gli scarponi da sci: la plastica. Negli Usa un brevetto di Bob Lange fa gran rumore e promette di cambiare per sempre il mondo dello sci di discesa. La famiglia Caberlotto parte per il Colorado e torna con il brevetto e nuove idee. Ma anche altre aziende del distretto di Montebelluna, abbandonato il cuoio, stanno producendo i primi scarponi “americani” in plastica. Così Giovanni fa la sua scommessa: anticipa la stagione invernale e porta i primi modelli al ghiacciaio dello Stelvio per farli provare agli sciatori estivi. E poi ancora in Val Senales e alla importante fiera del Mias, il Mercato Italiano dell'Articolo Sportivo alla Fiera di Milano.
Il successo è immediato e clamoroso, ma la competizione è grande e bisogna fare un passo avanti. Dal punto di vista della produzione semplifica l’assemblaggio degli scarponi andando oltre il brevetto Lange, che prevede la plastica stratificata e pressata per dare la forma desiderata. Giovanni inizia a usare polimeri di plastica che, una volta scaldati e fusi, vengono iniettati direttamente nello stampo e lasciati raffreddare. Una rivoluzione nella rivoluzione, perché si accorciano i tempi di produzione risparmiando sui costi. Si possono utilizzare diverse intensità di polimeri in modo da creare uno scarpone con maggiore comfort e performance. E avvia anche la strada delle sponsorizzazioni: nel 1964 riesce a porre la scritta Caber sulle bandierine dello slalom di Coppa del Mondo a Cortina d’Ampezzo. Il passaggio in tv e le richieste aumentano: chi può economicamente andare in settimana bianca vuole i suoi scarponi.
La strada delle sponsorizzazioni non si ferma qui, perché Caberlotto decide di esplorare il territorio delle forniture agli atleti attraverso la Federazione Sport Invernali. Sempre in estate si fa vedere sul ghiacciaio dello Stelvio, in Valtellina, dove si allenano gli atleti della nazionale di sci. Avvicina gli allenatori con i suoi prodotti, gli azzurri provano i suoi scarponi e alla fine strappa una sponsorizzazione di quattro anni con la Fisi. Il contratto, inedito per lo sport italiano e invernale, prevede la fornitura di scarponi gratis a tutti gli atleti della nazionale e il pagamento di un milione di lire per lo sfruttamento delle immagini della squadra azzurra. E grazie ai consigli degli atleti migliora il suo scarpone investendo in ricerca e sviluppo.
All’apice del successo, una nuova avventura
Nel 1968 il marchio Caber è uno dei più richiesti da chi va a sciare e non solo in Italia. A Montebelluna si fatica a rimanere al passo con le richieste. Un imprenditore come Giovanni intuisce che deve fare qualcosa e trasforma la cessione dell’azienda in un doppio affare. Nel 1974 vende Caber alla compagnia statunitense Spalding restando come presidente della società fino al 1979. Va negli Usa, frequenta corsi di gestione aziendale e marketing strategico e operativo in Massachusetts. Nel 1977 Caber sforna fino a 650.000 paia di scarponi all’anno ed è ai piedi dei campioni della Coppa del Mondo, come lo svedese Ingemar Stenmarck (nella foto di apertura) che vanta il record di 86 vittorie.
Ma lo spirito di Giovanni non è mai sazio di nuove sfide. Nel 1974 i fratelli sfruttano la seconda parte del cognome di famiglia e fondano la Lotto. Per ragioni di non concorrenza lavorano sulla scarpa da tennis e per il tempo libero. In attesa di Giovanni che nel 1980 lascia Spalding e torna a Montebelluna, con tutto il carico di esperienza americana e una nuova visione dello sport, che diventa sempre più per tutti e quindi fashion, moda. La nuova azienda, oltre al tennis, diventa un marchio di successo nel calcio, nel basket e nell’atletica. Rivoluziona le scarpe da calcio facendole diventare colorate. Giovanni Caberlotto muore, a soli 56 anni, nel 1997 lasciando il ricordo di un grande uomo e imprenditore dello sport.