AGI - Il 2025 si é aperto con buone notizie: se non sul fronte dei conflitti, su quello dell'eliminazione della pena di morte dalla faccia della terra. Dopo l'annuncio del presidente uscente Joe Biden sulle 15 commutazioni di pene capitali che erano state inflitte a soggetti richiusi nel braccio della morte, é stato lo Zimbabwe a confermare ufficialmente l'abolizione della pena capitale a distanza di quasi 20 anni dall’ultima esecuzione.
La notizia si é diffusa rapidamente pochi giorni dopo il Capodanno, con la comunicazione del capo di gabinetto Martin Rushwaya, seguita a stretto giro dalla pubblicazione del decreto con cui il presidente Emmerson Mnangagwa ne approvava l’abolizione votata a novembre dall’Assemblea nazionale.
Per questo paese africano si é trattato di una decisione storica come ha evidenziato lo stesso ministro della Giustizia Ziyambi Ziyambi secondo cui l'abolizione é “più di una riforma legale: è una dichiarazione del nostro impegno per la giustizia e l’umanità”.
#Zimbabwe: Statement by the Spokesperson on the abolition of the death penalty
— EU Delegation to Zimbabwe (@euinzim) January 6, 2025
Link: https://t.co/ch9TtNxPTa pic.twitter.com/5DMhfP3iaw
La notizia é rimbalzata con particolare clamore a Roma dove a novembre lo stesso ministro Ziyambu aveva annunciato l'attesa abolizione nell'ambito della XIV Conferenza internazionale sulla promozione della moratoria globale delle esecuzioni e la progressiva abolizione della pena di morte nel mondo. Un evento organizzato dalla Comunità di Sant'Egidio, con il coinvolgimento del ministero degli Affari Esteri, che aveva visto nella capitale italiana i titolari della giustizia di oltre 20 paesi (incluso i ministri di Sudafrica, Zambia, Malawi, Guinea e Zimbabwe) per confrontarsi sulla tutela della vita umana e sul tema "Non c'è giustizia senza vita"
Non sorprende quindi che la Comunità di Sant'Egidio, associazione internazionale laica d'ispirazione cristiana cattolica da sempre in prima linea nella lotta contro le esecuzioni capitali e le violazioni dei diritti umani, sia stata tra le prime al mondo a elogiare la storica scelta di Harare considerandola "un altro passo significativo della campagna contro la pena capitale". Per Sant'Egidio, infatti, "l'abolizione in Zimbabwe, che era stata annunciata a Roma, nel recente Convegno dei ministri della Giustizia, rappresenta un ulteriore passo verso l'affermazione dell'Africa come secondo Continente del mondo senza la pena di morte".
In un messaggio di sant'Egidio postato su Facebook e rilanciato in tutto il mondo dalle Ong per i diritti umani la notizia é stata accolta come "una vittoria per la vita e l'umanità!".
"In questi primi giorni del 2025, arriva una notizia che ci riempie di speranza: lo Zimbabwe ha detto addio alla pena di morte. Con la firma del Presidente Emmerson Mnangagwa, il Paese ha scelto di voltare pagina, abolendo per sempre questa pratica crudele e disumana". "Sant’Egidio - continua il messaggio postato - accoglie con gioia questa storica decisione" che rappresenta "un grande passo avanti per lo Zimbabwe e un segnale di speranza per l’intera comunità internazionale che si batte per porre fine alla pena capitale".
A victory for life and humanity in Africa!
— Sant'Egidio-Uganda (@SantEgidioU) January 4, 2025
In these first days of 2025, there comes some good news that fills us with hope: Zimbabwe has said goodbye to the death penalty.
Every life matters. Every step towards abolition strengthens the dignity of all humanity. pic.twitter.com/jb9L6Z1jOI
A esultare sottolineando la "buona notizia" é stata anche Amnesty International puntando tuttavia il dito contro una clausola (mantenuta anche nella nuova legge) che consente il ricorso alla pena di morte durante lo stato di emergenza pubblica. Con l’approvazione dell’Abolition of the death penalty act 2024, la nazione dell’Africa meridionale è diventata il 127esimo Paese al mondo ad abolire la pena di morte e i 60 detenuti attualmente nel braccio della morte vedranno la pena commutarsi in ergastolo. L’ultima esecuzione, tramite impiccagione, è stata effettuata nel 2005, ma i tribunali dello Zimbabwe hanno lo stesso continuato a emettere condanne a morte per reati gravi come l’omicidio. Ecco perché anche Amnesty, pur riconoscendo il limite della clausola, ha visto nell'approvazione presidenziale della legge "non solo un grande progresso per lo Zimbabwe, ma anche un faro di speranza per il movimento abolizionista nella regione e un'importante pietra miliare nella ricerca collettiva globale della fine di questa punizione estrema, crudele, inumana e degradante".