AGI - L’erogazione dell’assistenza sanitaria è al centro dei progetti di ricostruzione che Cuamm – Medici per l’Africa ha avviato in Etiopia e in particolare nella regione del Tigray, teatro dal 2020 al 2022 di un sanguinoso conflitto che ha causato lo sfollamento interno di milioni di persone. La regione ospita il maggior numero di migranti in fuga dal conflitto: secondo i dati raccolti a maggio dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM), rappresentano il 38,3% del totale di 4,5 milioni di sfollati interni nel paese, più di 871.000 persone oltre ai migranti fuggiti nelle regioni della Somalia e dell’Oromia, anch’esse al centro della crisi migratoria interna.
In questo contesto, il Cuamm si è particolarmente concentrato sulla risposta sanitaria, per cercare di trovare soluzioni sostenibili e di lungo termine per consentire l’accesso alle cure interrotto durante il conflitto del Tigrigio. Durante i due anni di guerra, infatti, circa il 70% degli ospedali e dei centri sanitari del Tigray sono stati parzialmente o completamente danneggiati.
L'ospedale di Suhul, nella città di Shire, è una di queste strutture. Per rispondere ai bisogni urgenti della popolazione locale, il Cuamm ha avviato un primo intervento nella regione per riabilitare l’ospedale, considerato un punto di riferimento per più di 2 milioni di persone, compresi gli sfollati interni del Paese. Essendo uno dei principali centri urbani del Tigray, Shire ospita circa 175.000 sfollati interni che sono stati in parte accolti nei 6 tribunali municipali e in parte (110.000 persone) nelle comunità ospitanti.
Il conflitto nel Tigray ha gravemente ostacolato l'accesso della popolazione ai servizi sanitari, colpendo soprattutto donne e bambini. Il Cuamm opera sia a livello ospedaliero che sul territorio per ripristinare servizi essenziali come l'assistenza materna e neonatale, la cura e il monitoraggio della malnutrizione, il test HIV e la terapia antiretrovirale (ART), senza dimenticare il sostegno psicologico alle donne e alle adolescenti che hanno subito violenza.
A questi interventi si aggiungono attività volte a contrastare l’impatto dei cambiamenti climatici nella regione del Tigray, in particolare gli sfollamenti dovuti al fenomeno El Nino. Lo scorso maggio, la siccità è stata la causa principale dello sfollamento massiccio di circa 544.002 persone (il 16,5% del totale nazionale) nelle regioni di Somalia, Oromia e Afar. Altre cause climatiche includono inondazioni improvvise, inondazioni stagionali, frane e incendi, eventi che hanno minacciato le popolazioni locali in termini di sicurezza alimentare e rischio di malattie trasmesse dall’acqua. La regione somala, nell’est, ospita il maggior numero di migranti climatici: si stima che vi sia concentrato il 73,1% del totale nazionale, l’equivalente di 397.913 persone.