AGI - Meno consumi più consumatori. Diminuiscono i bicchieri, però aumentano le bocche. È la radiografia del rapporto tra il settore del vino e la popolazione italiana contenuta dall’analisi dell’Osservatorio di Unione italiana vini (Uiv) sui dati dell’Istat. Tradotto in cifre tonde, si tratta complessivamente di 30 milioni di bevitori che corrispondono al 50% della popolazione adulta.
La comparazione avviene sui dati del decennio 2011-2021 secondo i quali le regioni più propense a consumare vino sono l’Umbria che vanta una fetta di consumatori di vino pari al 62% rispetto al numero della popolazione. Seguono poi le Marche con il 60%, e subito dietro con il 59% Veneto, Emilia-Romagna e Val d’Aosta. Allineate a quota 58% troviamo toscana e Piemonte mentre distanziate ci sono Sardegna e Sicilia, rispettivamente con una quota di consumatori che del 48 e 45%.
E se il 66% sono bevitori maschi, la crescita principale nel decennio la fanno registrare le donne con un 2,3% in più di consumatrici convertitesi all’ebbrezza del vino. Il consumo tra gli uomini invece flette: del 2,9% nella fascia giovani tra i 18-34 anni, per salire a un -23% in quella 35-44 anni. Incrementi di consumo di vino si registrano invece nelle fasce di età più adulta, dove si cresce di un +11,4% tra i 55 e i 64 anni e dai 65 in sui, invece, la crescita si attesta su un +19,3.
Flettono invece i consumatori quotidiani, che nello stesso decennio da 14,9 milioni scendono a 12,4 con un calo percentuale del 16,8% e un crollo complessivo che fa registrare un -31,3% per tutti coloro che bevono oltre mezzo litro di vino al giorno.
La cosa interessante è che questa flessione nei consumi testimonia una accresciuta maturità del vino nella considerazione del pubblico che ne fruisce perché non lo considera una “bevanda da sballo” al pari di altre o una semplice bevanda d’accompagno. A tale proposito, commenta in una newsletter del Gambero Rosso il presidente di Unione italiana vini, Lamberto Frescobaldi, il rapporto del vino con i consumatori si è evoluto moltissimo nel tempo perché in Italia oggi il vino ha raggiunto “uno status culturale” e “definirlo una moda è riduttivo” in sé in quanto “conoscerlo vuol dire essere una persona interessata, culturalmente preparate e curiosa”.
Insomma, per bere vino ci vuole consapevolezza. Passione. Amore. Tradotto, quel che attira le persone oggi più che il vino in sé è il suo background, che è fatto da un insieme di segmenti – il territorio, i contadini, le loro storie, il contesto sociale e culturale in cui sono inseriti, i produttori e le cantine, dettaglio finale dove si fanno incontri e ci si abbevera non solo del vino ma anche del suo storytelling, cifra unica e indiscussa del nuovo made in Italy agreste.
Ci tiene a sottolineare Frescobaldi: “Un approccio moderato che non ha nulla a che fare con lo sballo”, come avviene per altre bevande da aperitivo dal consumo compulsivo. Mettendo così al tempo stesso l’accento sulla differenza tra “uso” e “abuso” e lanciando anche una frecciatina all’indirizzo della Commissione europea nei suo programmi di prevenzione aveva finito di mettere tutto nello stesso calderone, assimilando il vino al gin tonic. O peggio.