L a passione per lo “street wear”, l’abbigliamento da strada, sta contagiando i millennial cinesi. Non amano solo le grandi firme. I loro modelli di riferimento sono star della musica cinese, come Kris Wu, o ballerini internazionali di hip-hop. Con una novità: i marchi locali attraggono sempre di più la loro attenzione, a discapito di quelli stranieri.
Yue Xing ha 25 anni, si è appena laureata a New York ed è tornata a Shanghai vestita come Fedez. Quando la redazione di Sixth Tone la incontra in un cafè della metropoli cinese, indossa una t-shirt di Supreme e un paio di costosissime sneaker firmate Yeezy. Confessa di averne in valigia altre 30 di magliette, oltre a 8 paia di quelle scarpe così modaiole. Le sono costate quindicimila dollari sull’unghia. Di valigie Yue Xing ne ha portate a casa ben sei, e sono tutte, assicura, piene zeppe di griffe, da Gucci, a Givenchy, a Hermes.
Ma lei ormai sta in fissa con le rarissime scarpe nate da un sodalizio con Adidas e con le t-shirt di cui anche il rapper italiano vanta un’ambita collezione. “Collezionare Supreme e Yeezy è molto più difficile che comprare una borsa di Gucci”, dice Yue. Sono scarpe a edizioni limitata, e così ne ha comprate cinque paia da rivenditori non ufficiali pagandole 1000 dollari ciascuna (il prezzo originale è di 200 dollari). A New York ha passato ore accampata in fila per entrare da Supreme. Perché? Semplice: in Cina ancora non c’è.
Un paio di sneaker bramate come fossero il nuovo modello di Iphone o l’ultima PlayStation. “Oggi, se il tuo outfit non prevede almeno un indumento da strada, ti considerano un vecchio”, dice Yue Xing.
Una delle definizioni più diffuse di "street wear" l’ha data Shawn Stussy, ex surfista e creatore dell’omonimo brand. “E’ un lifestyle multi sfaccettato, figlio di sottoculture diverse, basato su T-shirt e su una sensazione di esclusività”. Si tratta di un fenomeno – scrive il Foglio - in cui insieme all’abbigliamento si fondono elementi legati allo skateboard, al surf e allo snowboard, poi l’hip hop, la fotografia e i graffiti fino ad arrivare ai social network, ai blog e al web in generale.
Per esempio: sapete chi ha disegnato le Adidas Yeezy Boost 350 v2 “Beluga 2.0”? Il rapper Kanye West.
Come Yue ce ne sono tanti di giovani cinesi che si stanno appassionando allo “street wear”. Stando a una ricerca di mercato condotta da Nielsen, nel 2017 l’industria ha registrato consumi in crescita del 62% rispetto all’anno precedente.
Numeri impressionanti che hanno attratto l’attenzione degli stilisti cinesi, desiderosi di accaparrarsi una fetta della torta. Tencent ha fatto una ricerca e ha concluso che il brand autoctono funziona. I millennial sono i primi a essere convintamente nazionalisti.
La stessa Yue, da quando è tornata in Cina, ha iniziato a interessarsi allo “street wear” disegnato dai connazionali, come il brand Random Event, sponsorizzato dalle celebrity cinesi, “fatto bene e di nicchia”.
Random Event è nato nel 2012 dallo stilista Hong Yang, che si è ispirato allo “street wear” giapponese e di Hong Kong. Un brand sconosciuto fino a quando a indossarlo l’anno scorso è stato l’attore Hu Yitian, molto famoso in Cina. A quel punto le vendite sono decollate.
Cai Huakun ha 24 anni, è uno stilista, e ha aperto uno store online sul sito di e-commerce Taobao. Rivende le t-shirt di Supreme, che hanno avuto un boom da quando il cantante Kris Wu le ha indossate in uno dei suoi ultimi concerti. Lo store di Cai vale milioni di yuan ed è tra i 50 più quotati nella categoria di abbigliamento maschile. Lo stilista, originario di Xiamen, ha disegnato le sue magliette che ricordano da vicino quelle di Supreme ma costano molto meno.
Il suo timore è però che presto i brand stranieri si accorgano di questo segmento di mercato rimasto inesplorato, e decidano di occuparlo aprendo dei flagship store, smarcando così inesorabilmente le firme cinesi.
Per il momento, gli stilisti di “street wear”, come il 34enne Yi Ran, fondatore del brand Yeenjoy, cavalcano l’onda di un successo inaspettato, segno che “i cinesi sono nostalgici e sentono una connessione con i brand locali”, spiega Yi Ran.
L'avanzata del Made in China a discapito dei marchi stranieri non è solo roba da millennial. Si tratta di un fenomeno più ampio che sta portando le aziende cinesi a scalare la classifica dei brand più amati. Lo ha svelato un recente rapporto stilato dalla società di consulenza Prophet che ha analizzato i 50 marchi preferiti dai cinesi, scoprendo che Huawei e Meituan Dianping (il colosso per la consegna di cibo a domicilio che ha di recente acquisito Mobike) hanno già sorpassato Apple e Nike. Sui primi 50 brand, 30 sono cinesi; nel 2016 erano 18. "Cari Apple e Ikea, scusateci: non vi amiamo più", scrive il China Daily. Detto, fatto.