Elefanti, rinoceronti, tigri e tartarughe marittime potrebbero presto trovare nella tecnologia un prezioso alleato per la propria sopravvivenza. Ventuno società, da Google ad Alibaba, fino a Facebook ed eBay hanno firmato la propria adesione al Global Coalition to End Wildlife Trafficking Online, il progetto di contrasto al traffico illegale degli animali messo a punto da Wwf insieme all’organizzazione International Fund for Animal Welfare e alla ong Traffic.
Il quarto mercato nero più ricco al mondo
Pellicce, accessori e arredamento, ma non solo: la lista degli oggetti che provengono dagli animali è lunghissima, al punto di fare del traffico di animali il quarto mercato illegale più ricco al mondo. In vendita poi si trovano anche animali vivi, e alcuni medicinali illegali vengono prodotti utilizzando loro parti.
Un’indagine del Guardian aveva stimato in 23 miliardi di dollari il valore di questo traffico illecito: girano più soldi soltanto nella tratta di esseri umani, nello scambio di droga e nella compravendita di armi. “A differenza di queste attività, però, le leggi internazionali non sono adeguate”, denunciava il quotidiano britannico nel 2016. Internet stessa, fino a oggi, ha rappresentato una minaccia per gli animali, in virtù delle opportunità, sempre più accessibili, di comunicazione tra domanda e offerta, cioè tra consumatori e bracconieri. “Un mercato online non regolato consente ai criminali di vendere illegalmente i prodotti in tutto il mondo con facilità”, denuncia il Wwf sul proprio sito. “Acquistare l’avorio delle zanne degli elefanti, i cuccioli di tigre o le squame dei pangolini è questione di click”.
Obiettivo? Ridurre dell’80% il traffico
Nord America, Europa, Asia e Africa: le società che hanno aderito al progetto provengono da mezzo mondo. Obiettivo, ridurre drasticamente il mercato nero degli animali, sforbiciandolo dell’80% entro il 2020. Come agiranno le imprese tecnologiche? Giovanna Grein di Wwf ha spiegato che la loro attività si svolgerà in due fasi: inizialmente ci sarà una sorta di briefing in cui ognuna di queste metterà a disposizione delle altre le proprie competenze in materia di contrasto ai mercati illegali; in un secondo momento, ciascuna organizzerà un proprio piano operativo.
L’augurio di Crawford Allan, sempre di Wwf, è che “queste aziende rimuovano le pubblicità di questo tipo prima di venir pubblicate e che segnalino episodi simili alla giustizia”. Per una volta, insomma, niente concorrenza: tutte le aziende sono concordi verso un solo obiettivo da raggiungere. Tra queste c’e eBay, una delle prime ad aver avviato un controllo simile: “È dal 2008 che abbiamo raggiunto il completo stop al commercio di avorio sul nostro sito – ha spiegato il responsabile della politica globale del sito di ecommerce Mike Carson -; e grazie alle segnalazioni abbiamo bloccato, e rimosso, 45 mila annunci di animali soltanto lo scorso anno”.
Oltre a eBay, le società che hanno preso parte all’accordo sono Alibaba, Baidu, Baixing, Etsy, Facebook, Google, Huaxia Collection, Instagram, Kuaishou, Mall for Africa, Microsoft, Pinterest, Qyer, Ruby Lane, Shengshi Collection, Tencent, Wen Wan Tian Xia, Zhongyikupai, Zhuanzhuan and 58 Group