Come abbiamo scoperto dal rapporto Doxa, gli italiani hanno una scarsissima idea di cosa sia la “casa intelligente”. Il 45% degli intervistati addirittura non ne ha mai sentito parlare. Eppure, anche nel nostro Paese, c’è chi inizia ad informarsi e a dotarsi di strumenti per trasformare la propria casa.
Tra questi, il 25% si affida a prodotti riguardanti la sicurezza. Parliamo di sensori per porte e finestre, telecamere, videocitofoni e serrature. Solo il 10% opta per prodotti di climatizzazione e riscaldamento. Pochissimi ancora acquistano prodotti di comfort, come elettrodomestici a distanza (6%) e di controllo energetico (5%), come lampadine e prese elettriche intelligenti. Inoltre, solo il 25% di chi ha già un prodotto di Smart Home, ha attivato servizi aggiuntivi, come polizze assicurative o vigilanze private di pronto intervento.
Dove si comprano i prodotti “smart”
La vendita dei prodotti è ancora frammentaria e poco costante. Una vasta percentuale di elettrodomestici intelligenti viene infatti acquistata nelle catene di elettronica (oltre due terzi), fisicamente, spesso attraverso i consigli degli esperti delle filiali. Se invece parliamo di sensori per porte e finestre o dispositivi di rilevazione di fumi e allagamenti si scopre che gli acquirenti si rivolgono, il più delle volte, a installatori professionisti. Ancora poco diffuso, ma in crescita, è l’acquisto online tramite sistemi di ecommerce. Sempre tra coloro che hanno acquistato prodotti di domotica, la spesa media si aggira intorno ai 355€ e il 91% degli acquirenti si è detto molto o abbastanza soddisfatto.
Ci fidiamo o no?
La casa degli italiani sta cambiando progressivamente. L’avanzamento continuo dello smart working implica uno stravolgimento degli spazi e delle funzioni abitative, che si trasformano sempre più in luoghi polifunzionali, in cui la vita privata cede spazio a quella professionale. Nel futuro si intravede un incremento del tempo trascorso tra le mura domestiche e gli italiani ancora tentano di comprendere come meglio far coincidere le proprie priorità. Intanto i timori riguardo l’IoT sono ancora da risolvere, laddove, sempre secondo la ricerca Doxa, il 32% del campione ha dichiarato di non nutrire alcuna preoccupazione particolare verso l’Internet degli oggetti, il 30% ha espresso apprensione per la protezione della privacy, il 24% si è detto in difficoltà con l’utilizzo e la gestione di oggetti smart, mentre il 14% teme l’eccessiva autonomia degli oggetti smart connessi.
Ciò nonostante il 60% degli italiani ha dichiarato di essere intenzionato ad acquistare prodotti di domotica in futuro (il 20% di questi è propenso a comprare prodotti legati alla sicurezza).
I dati dell’Osservatorio IoT della School of Management del Politecnico di Milano
Secondo l’istituto milanese, il mercato dell’Internet of Things in Italia ha raggiunto quota 250 milioni di euro nel 2017, registrando una crescita del 35% rispetto al 2016. È un incremento in linea con la crescita dei principali Paesi occidentali, anche se in termini assoluti i numeri sono ancora inferiori rispetto agli altri mercati europei. E se prima i dispositivi della casa connessa era soprattutto ad appannaggio delle startup ora anche grandi produttori e brand sono entrati a far parte del mercato. Con una rete di professionisti e installatori che garantisce grande affidabilità al cliente. Il 74% di chi possiede un oggetto smart per la casa ha richiesto l’aiuto di un professionista per l’installazione.
Un mercato che ancora non ha raggiunto gli standard internazionali dove sono sempre più presenti gli Smart Home speaker. Cosa sono? L’osservatorio li definisce come “hub dotati di altoparlanti che riducono la complessità di connessione e gestione degli oggetti intelligenti in casa. In Usa sono già 35 milioni gli speaker venduti da Amazon e Google, con quote del 55% per Amazon Echo e 45% per Google Home. In Italia stiamo ancora aspettando il loro arrivo, ma ci sono grandi attese verso questi dispositivi presidiati da tutti i grandi Over- the-Top”. Presto, ne siamo sicuri, arriveranno anche da noi.