La firma sul protocollo di Bitcoin, pubblicato il 31 ottobre 2009, è una: Satoshi Nakamoto. In questi dieci anni però, nessuno è riuscito a scoprire la sua vera identità. Anzi, non si sa neppure se sia uno pseudonimo dietro il quale si nasconde una sola persona o un team di lavoro. Sul documento che battezza la criptovaluta non si sono altri indizi ma solo un indirizzo mail (satoshin@gmx.com) attivo e utilizzato agli albori del progetto con chi fosse interessato.
Satoshi Nakamoto è rimasto a lungo nella nicchia degli addetti ai lavori in relativa tranquillità, fino a quando il bitcoin non ha iniziato ad apprezzarsi. Dal 2013, cioè da quanto ha toccato per la prima volta i mille dollari, la caccia si è fatta più pressante. Nel 2014 Newsweek sembrava aver individuato il suo uomo. E, contro ogni previsione, Satoshi Nakamoto non sarebbe stato uno pseudonimo. Il creatore di bitcoin e blockchain (ormai miliardario) sarebbe stato Dorian Satoshi Nakamoto, professore di informatica americano di origine giapponese. Che però nega.
Nel 2015 spunta un imprenditore australiano, Craig Steven Wright: "Satoshi Nakamoto sono io". Alcuni articoli di Wired e Gizmodo affermano di aver visto alcune vecchie e-mail che danno credito alla sua versione. Ma a distanza di tre anni non si è ancora capito se Wright sia un abile fabbricante di bufale o una delle persone coinvolte nel progetto. Se veritieri, alcuni messaggi di Wright coinvolgerebbero Dave Kleiman, un programmatore ed esperto forense morto nel 2013. Il fratello di Kleiman afferma di aver sentito parlare di una "moneta digitale", portata avanti con "un ricco uomo d'affari straniero". Ed è così convinto che Dave sia Satoshi da aver fatto causa a Wright per furto di proprietà intellettuale.
Nick Szabo e Hal Finney, dal Bit Gold alle criptovalute
Altri due papabili sono Nick Szabo e Hal Finney. Il primo è un esperto di crittografia americano. Già nel 1998 aveva teorizzato il "bit gold", una valuta digitale unanimemente riconosciuta come antenata di Bitcoin. Molti principi sono infatti comuni, come la decentralizzazione e la presenza di un registro pubblico. Proprio nel 2008, Szabo scrive un post in cui rivela l'intenzione di passare dall'ipotesi bit gold alla pratica di una criptovaluta utilizzabile. Ma anche lui nega di essere Satoshi Nakamoto. Ha negato fino alla morte, avvenuta nel 2014, lo sviluppatore statunitense Hal Finney. In questo caso c'è una traccia oggettiva: Finney è stato l'uomo che ha ricevuto la prima transazione in bitcoin da Satoshi Nakamoto. Come minimo è, quindi, uno dei primi a essersi interessato al progetto. Ma potrebbe aver conosciuto l'identità di Satoshi o aver utilizzato lui stesso quel nome.
Dai servizi segreti russi a Elon Musk, i miti in circolazione
Come in ogni mistero, non mancano ipotesi bizzarre e dietrologie. Un ex dipendente di SpaceX si è detto convinto che Satoshi Nakamoto sia Elon Musk (che nega). Alcuni sostengono che dietro Bitcoin si nascondano i servizi segreti russi, cinesi o americani. Tra i sostenitori di questa versione c'è addirittura Roberto Escobar. Secondo il fratello del narcotrafficante Pablo, Nakamoto sarebbe un fantoccio della Cia. Escobar dice di aver parlato telefonicamente con il padre di Bitcoin e di avere la copia del suo passaporto. Ma sostiene di aver capito si trattasse di una messinscena. Non è detto che Satoshi Nakamoto sia una persona sola. Secondo una delle tante leggende in circolazione, sarebbe un nome creato dalle iniziali delle aziende che hanno creato Bitcoin. Sa (Samsung) toshi (Toshiba) Naka (Nakamichi) moto (Motorola).
Un miliardario candidato al Nobel
Chiunque o qualsiasi cosa sia, Satoshi Nakamoto è stato candidato al Nobel e, con tutta probabilità, è molto ricco. Nel 2015 Bhagwan Chowdhry, professore di finanza della University of California, ha fatto il suo nome all'Accademia reale delle Scienze svedese. Non se ne è fatto nulla, anche perché non si capisce chi avrebbe ritirato il premio. Sapere quanti bitcoin possiede Nakamoto è impossibile. È chiaro però che chi ha aperto la strada ha potuto estrarre monete con grande facilità, accumulando una ricchezza enorme. Un esperto argentino di blockchain, Sergio Demian Lerner, ha provato a stimarla. Nakamoto avrebbe generato 980.000 bitcoin. Se (ipotesi improbabile) li avesse ancora tutti nel proprio portafogli digitale equivarrebbero oggi a 6,3 miliardi di dollari. Abbastanza per entrare nella lista dei 250 uomini più ricchi del pianeta.