Alla fine di una relazione, il terrore degli incauti che hanno immortalato sé stessi in pose osé, o filmato le proprie evoluzioni amorose, è che il proprio, o la propria, ex - per vendetta - metta online video o fotografie imbarazzanti. Ovvero, quello che viene definito "revenge porn". Come combattere il fenomeno? Facebook ha avuto un'idea, che finora però non sembra aver riscontrato grandi consensi: caricare sul social network il materiale compromettente per consentirgli di riconoscerlo e cancellarlo qualora a qualcuno venga in mente di metterlo a disposizione degli oltre due miliardi di utenti della rete sociale. Per ora si tratta solo di un test proposto agli iscritti australiani. E, a giudicare dalle reazioni in rete, la proposta non pare suscitare troppo entusiasmo.
And today’s “nope” idea award goes to Facebook.https://t.co/QJqjtxxGmQ
— Khalil Sehnaoui (@sehnaoui) 6 novembre 2017
Come funziona
Il procedimento è stato definito da un portavoce di Facebook a Quartz come "simile a prendere le impronte digitali". Si caricano le foto compromettenti nel sistema inviandole a noi stessi tramite Messenger. Se le foto risultano violare gli standard dell'azienda (in questo caso la nudità), vengono marcate. Un'intelligenza artificiale valuterà se l'immagine sia effettivamente contraria alle policy aziendali. E, nel caso, vi assegnerà un valore di hash, che verrà salvato in un database. Dopodiché ci verrà chiesto di cancellare il messaggio con la foto. Se qualcuno cercherà di caricare la stessa immagine su Facebook, l'impronta digitale verrà riconosciuta e il tentativo di upload bloccato.
Perché non è una buona idea
Comprendere le ragioni per le quali la proposta non sembra destinata a un radioso futuro è piuttosto semplice, anche qualora ci si sentisse sicuri nel girare le nostre informazioni più intime a un'azienda non ritenuta, in generale, affidabilissima. Molto banalmente, il nostro passato amore potrebbe avere un hard disk pieno di scatti a luci rosse dei quali non possediamo una copia. E se decidesse di caricarli, il database di Facebook non potrebbe fare un bel niente.