L'uso dello Spid, il Sistema Pubblico di Identità Digitale, è molto limitato anche all'interno della stessa Pubblica amministrazione. Solo il 34,2% della popolazione ha affermato di conoscerlo, nonostante la grande pubblicità che ha avuto. Il dato emerge dal 2° Quaderno AGI/Censis 'Il dilemma digitale, gli italiani, l'innovazione e la PA digitale" presentato all'EY Digital Summit 2017 in corso a Capri.
Bene firma digitale e prenotazione dei medici online
Mentre alcuni servizi digitali come la Pec o le prenotazioni di visite mediche online, hanno preso campo lo Spid arranca. "La posta elettronica certificata, la firma digitale, la prenotazione di visite mediche e i sistemi per la dichiarazione dei redditi e per il pagamento di tasse e contributi online - si legge nel rapporto - sono tutti servizi oramai entrati nel quotidiano di una fetta consistente della popolazione, con una penetrazione vicina al 70%. Sorprende, in negativo, la conoscenza del Sistema Pubblico di Identità Digitale che risulta essere molto limitata".
"Soltanto il 34,2% della popolazione ha dichiarato di conoscerlo nonostante sia uno dei servizi fra i più pubblicizzati e su cui molto si sta puntando per la digitalizzazione del paese. Fra coloro che hanno dichiarato di essere a conoscenza del servizio la quota di chi lo ha effettivamente utilizzato rimane sostanzialmente bassa per quasi tutti i servizi. Soltanto per i servizi relativi alla salute (prenotazioni visite online e certificato di malattia), al pagamento delle tasse e all'iscrizione a scuola o all'università (servizi quest'ultimi offerti oramai quasi esclusivamente online) riescono a coinvolgere più della metà degli utenti che effettivamente li conoscono. Alcuni dei servizi "classici" quali la richiesta e l'emissione di certificati anagrafici assieme ai sistemi di identificativi più innovativi (firma digitale e Spid) rimangono sostanzialmente ancorati al tradizionale 'sportello' fisico".
Nel rapporto si spiega che "per cercare di superare il ritardo complessivo nella digitalizzazione della PA e il netto divario in essere tra gli enti più grandi, quelli in grado di mettere in campo competenze e risorse economiche sufficienti per digitalizzare i servizi, e la maggior parte degli enti e delle amministrazioni locali, sono state introdotte delle innovazioni sistemiche".
- L'Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente,
- il Sistema Pubblico di Identità Digitale appunto,
- e la fatturazione digitale per la PA (PagoPA).
"Sono tutte piattaforme molto importanti anche se ad oggi soffrono ancora di vari problemi, tra cui la scarsa diffusione reale all'interno della PA stessa. Molti enti sono oggi presenti su PagoPA in quanto hanno fatto l'adesione e hanno implementato un solo pagamento spontaneo solo per essere in regola con la norma. Stessa cosa con Spid il cui piano di penetrazione fra la popolazione procede molto a rilento. Gli utenti aspettano di avere più servizi accessibili attraverso Spid e gli enti aspettano il raggiungimento di una massa critica di utenti prima di adeguare i propri servizi. Questo circolo vizioso deve essere interrotto con delle azioni forti e mirate tese a incentivare l'uso di queste piattaforme già sostanzialmente mature e potenzialmente in grado di favorire a cascata tutta una serie di nuovi servizi digitali innovativi".
Serve semplificare. I servizi complicati non vengono usati
La digitalizzazione della Pubblica amministrazione è sulla rotta giusta ma la strada appare ancora lunga: per trovare una sintesi si può dire che le cose vadano un pò meglio ma non benissimo. Grazie alle iniziative messe in campo in questi anni dall'Agenzia per l'Italia Digitale, il gap è stato colmato, ma ora bisogna accelerare e darsi come obiettivo principale "la semplificazione": se i servizi online sono complicati non vengono usati. Avanti quindi con procedure snelle.
Il Quaderno AGI-Censis è il frutto di due indagini svolte su un campione rappresentativo di 2.000 italiani dai 18 agli 80 anni con un errore statistico del +/- 2,2%. Dal quaderno emerge anche che quasi un terzo della popolazione si sente svantaggiato a causa delle difficoltà che ha nell'uso delle tecnologie digitali: è in atto un processo di "solidarietà intergenerazionale" fra chi è in grado di utilizzare i servizi digitali e chi non riesce a rimanere al passo con le innovazioni. Nell'ipotesi in cui in futuro alcuni servizi pubblici venissero resi accessibili esclusivamente via web, il 23,5% del campione non saprebbe come risolvere il problema.
Radicato tra gli italiani un pregiudizio verso la PA, in generale
Resta "radicato" in tutte le fasce di popolazione un pregiudizio nei confronti della PA in generale: oltre la metà dei cittadini giudica il suo operato in modo negativo, servizi lenti e quasi mai rispondenti alle richieste. Il 18% ritiene che il funzionamento sia addirittura "pessimo", mentre il 24% lo ritiene accettabile. Soltanto una quota residuale pari al 3% del totale, si ritiene soddisfatta. Per questo "è importante che i servizi, soprattutto quelli erogati attraverso la rete, abbiano come obiettivo principale la semplificazione. Ed è per questo che i servizi online che aggiungono ulteriori livelli, procedure e adempimenti sono anche quelli che meno sono utilizzati dagli utenti finali", spiega il rapporto. Non a caso, proprio la semplificazione, intesa come riduzione del peso della burocrazia, è una delle due priorità segnalate da quasi la metà della popolazione per rendere efficiente la Pubblica amministrazione nel suo complesso. L'altro fattore ritenuto fondamentale è la lotta alle inefficienze causate dalla corruzione e dai 'fannullonì, "ritenuti ancora una delle piaghe della PA".
Preferito il rapporto diretto con gli operatori per la metà degli intervistati
Un dato interessante evidenziato dal dossier è che quasi la metà delle persone (il 44,6%) afferma di non aver fatto ricorso ai servizi online perchè "preferisce il rapporto diretto con l'operatore allo sportello". Molto simile (40,4%) anche la quota di chi viene di fatto escluso dalla possibilità di utilizzare i servizi online. è necessario snellire le procedure perfezionando al contempo la user experience, agendo anche "sull'educazione informatica e digitale delle fasce di popolazione che più hanno subito il passaggio ad un mondo non più analogico". Resta ancora un grande scetticismo nei confronti dei servizi digitali: il 30,1% della popolazione afferma di non avere avuto sostanzialmente nessun vantaggio rispetto ai servizi erogati tradizionalmente. Il valore aggiunto dei servizi online è, per una grande fetta della popolazione, sostanzialmente assente.
Un cittadino su tre in Italia vive senza rete
Un'Italia "fuori rete" in cui un cittadino su tre (il 34,1%) si sente realmente svantaggiato rispetto a chi è in condizioni di connettersi frequentemente e agevolmente. E che ricorre ad amici, parenti o al Caf per colmare le lacune digitali. Uno svantaggio, spiega la ricerca, "che viene ricondotto principalmente all'accesso alle informazioni, ai servizi e alle minori opportunità di relazione con gli altri". Questi cittadini esposti al digital divide, ricorrono oggi ad amici, parenti o conoscenti (67,7%) o a intermediari specializzati quali patronati o Caf (23,6%) quando si trovano nelle condizioni di doversi collegare in rete per usufruire di servizi online. È dunque in atto un processo di "solidarietà intergenerazionale" fra chi è in grado di utilizzare i servizi digitali e chi, per l'età avanzata o per difficoltà economiche e culturali, non riesce a rimanere al passo con le innovazioni.
La solidarietà intergenerazionale
Una solidarietà, si osserva nel dossier, "di cui ci sarà maggior bisogno nell'ipotesi in cui in futuro alcuni servizi pubblici vengano resi accessibili esclusivamente via web, come già oggi accade ad esempio per l'iscrizione alla scuola secondaria di secondo grado". La quota di chi si affiderà a persone di fiducia copre oltre un terzo del totale. Preoccupa invece "la quota consistente (23,5%) di coloro che affermano che non saprebbero assolutamente come risolvere il problema".
Un italiano su due è favorevole alla web-tax, non i giovani
Oltre un italiano su due è d'accordo con la tassa alle multinazionali del web, che fanno profitti in diversi Paesi ma non pagano i contributi negli Stati in cui vengono erogati i servizi. In generale, i giovani sono i più diffidenti: uno su 4 teme che 'web tax' possa far diventare i servizi offerti dai big a pagamento o ancora più costosi e meno convenienti rispetto a oggi. Poco più della metà della popolazione, dunque, è concorde nel ritenere opportuna l'istituzione di una legge in grado di tassare i profitti generati in Italia dai colossi web con sede legale all'estero come Google, Facebook, Amazon ed Apple. Ma tale consenso non è uniforme in tutte le fasce d'età.
Tra gli under 34 la quota di chi è d'accordo con l'istituzione di una tassa ad hoc è più bassa. E oltre un giovane su 4 non vorrebbe l'introduzione di una tassa specifica. In generale, spiega la ricerca, "avanzando di più con l'età, una tassa in grado di riequilibrare le distorsioni della web economy grazie ad una ridistribuzione degli utili sul territorio su cui sono stati generati è vista con un consenso sempre crescente". È però sintomatico anche la presenza costante di circa il 30% dei rispondenti di tutte le età che decidono di non schierarsi pro o contro una legge nazionale, ma che ritengono che questa sia una di quelle questioni che dovrebbe essere demandata a un livello sovranazionale, come può essere l'Unione europea.
Metà dei comuni non ha servizi digitali di alcun tipo
Oltre la metà dei Comuni italiani non ha servizi digitali di base e nel 94,1% dei casi le funzioni di Information Technology all'interno di questi sono svolte, anche solo in parte, da fornitori esterni all'amministrazione. "L'ultimo rapporto disponibile dell'Osservatorio eGovernment del Politecnico di Milano - si legge - fa emergere chiaramente tutti i limiti della PA concentrandosi soprattutto sulla situazione generale delle amministrazioni locali. I servizi di front office digitalizzati sono presenti in meno del 50% dei comuni italiani. La metà dei comuni, quindi, non consente l'accesso nemmeno a questi servizi basilari.
I comuni più virtuosi sono i più popolosi
Nei comuni più virtuosi, pari al il 4% del totale e sostanzialmente coincidenti con quelli più grandi e popolosi, pur in presenza di servizi quasi del tutto digitalizzati, l'integrazione e la messa a sistema riguarda solo il 40% dei casi. Nel 35% dei comuni italiani non è previsto alcun tipo di servizio digitale. Non sorprende scoprire che la quasi totalità di questi comuni completamente 'analogic' hanno una popolazione inferiore ai 5.000 abitanti.