Immaginate di suonare con chi non tiene il tempo. Impossibile. Pochi decimi di secondo e il batterista è fuori sincro. A meno che abbiate a che fare con John Bonham o Charlie Watts, capita già se si è nella stessa stanza. Figurarsi se chi suona la grancassa è in Europa e il chitarrista negli Stati Uniti.
Il motivo è semplice: si chiama “tempo di latenza”. Ogni connessione, anche la più veloce, crea un intervallo tra lo stimolo (battere sul tamburo) e la risposta (il suono che arriva all'orecchio). È quello che succede in una videochiamata: c'è sempre un ritardo più o meno ampio. Ecco: il 5G non lo cancella ma lo riduce a una manciata di millisecondi. Così pochi da consentire a un bassista di New York di suonare assieme a un chitarrista di Roma.
Un concerto “diffuso”
Ericsson, che il 24 ottobre a Milano ha festeggiato i 100 anni in Italia, ha allestito una “sala 5G” per dare una dimostrazione in scala di questa possibilità. Il progetto si chiama Music Connect. Su un palco ci sono batteria e tastiera, ma non si sentono solo loro. Ci sono anche basso e chitarra, che suonano in un'altra stanza. Il mixer connesso aggrega i suoni e il risultato è un brano composto da tutti gli strumenti. Indossando un visore per la realtà virtuale (Holoport) è possibile anche godersi il concerto con tutti e quattro i membri della band sul “palco”: due in carne e ossa, gli altri come ologrammi.
Ha fatto la stessa cosa Mischa Dohler, “guru” del 5G presente al centenario di Ericsson. Lo scorso giugno ha tenuto il primo concerto “diffuso” della storia. Lui con un pianoforte a Berlino, la figlia al microfono a Londra. Hanno eseguito “I was made for loving you” dei Kiss, in versione molto soft. Tempo di latenza: 20 millisecondi su una distanza di mille chilometri. Sì, certo, è ancora una sperimentazione. I ritmi non sono alti e con Take Five si avrebbe qualche problema in più. Ma ci si può fare un'idea. Immaginate di poter vivere uno spettacolo da remoto. Non sostituirà stadi e teatri, ma potrebbe essere qualcosa di diverso, anche per promuovere il proprio disco. Cosa ancor più importante: la musica e i suoi ritmi aiutano a comprendere uno dei balzi in avanti del 5G, l'immediatezza.
In fabbrica e in sala operatoria
Accorciare i tempi tra “stimolo” e “risposta” è utile quando si suona oppure quando si smanetta con un videogioco. Ma è vitale quando si parla di trasporti o chirurgia. Sono due degli esempi forniti da Dohler sulle applicazioni pratiche del 5G. Paziente e medico non dovranno essere nella stessa sala operatoria. Il primo potrà essere in una clinica di Palermo, accanto a un robot comandato da un luminare a Los Angeles. Ogni movimento delle dita sarà riprodotto dalla macchina con un intervallo che sfiora la contemporaneità. Si potranno creare dei mondi virtuali per allenare i chirurghi prima di operare. E sarà possibile fare consulti e visite mediche a centinaia di chilometri di distanza. Pensate a un villaggio sperduto: non servirà raggiungerlo ma basterà piazzarci un'apparecchiatura di base, applicata dal paziente ma governata da un medico dall'altra parte del Paese. Nei veicoli senza autista vale la stessa cosa. Può essere guidato da un umano, ma da remoto. Oppure, in caso di guida autonoma, il 5G permette un dialogo immediato tra infrastruttura urbana e veicolo. E sulla strada, lo sappiamo, la reattività è tutto. Comau sta invece sperimentando, a Torino, i robot che popoleranno le fabbriche. Con il 5G niente cavi: la gestione si sposta nel cloud. Ogni braccio robotico è autonomo ma “parla” con gli altri. Un modo per rendere i processi più efficaci, ma anche per individuare guasti e ripararli senza bloccare l'intera catena. Se il malato è uno si cura solo quello, con un bel risparmio di tempo e denaro. Anzi, di più: monitorare le macchine rende la manutenzione predittiva. Si interviene là dove serve, prima che si rompa qualcosa.
Il 5G renderà le macchine più umane?
La rivoluzione delle nuove reti è questa: il punto non è tanto scaricare un film in qualche secondo ma la capacità di far dialogare gli oggetti (e quindi noi) come mai prima. Dohler infatti definisce il 5G come “un sincronizzatore” tra dispositivi ma anche tra ambienti. Con il 5G gli oggetti “pensano” più velocemente. E per quanto la prospettiva possa, per certi versi, risultare inquietante, Dohler è convinto che l'immediatezza con cui le macchine risponderanno le renderà più umane. Perché il loro “tempo di latenza” sarà simile al nostro.