AGI - Il fondatore di Twitter, Jack Dorsey, ha dichiarato in un tweet di essere in parte responsabile per la centralizzazione e la scarsa libertà su Internet e se ne è rammaricato. "L'attenzione alla scoperta e all'identita' nelle grandi corporazioni ha davvero danneggiato Internet. Mi rendo conto di essere in parte responsabile, e mi dispiace per questo", ha scritto in un tweet.
the days of usenet, irc, the web...even email (w PGP)...were amazing. centralizing discovery and identity into corporations really damaged the internet.
— jack⚡️ (@jack) April 2, 2022
I realize I'm partially to blame, and regret it.
Dorsey ha rievocato con nostalgia i primi sistemi di comunicazione online come Usernet, Inter Relay Chat e le stessa posta elettronica. In passato il fondatore di Twitter ha lamentato che neppure il Web 3.0, la nuova fase di Internet salutata dai sostenitori come una versione decentralizzata di Internet basata sulla blockchain, sia in grado di sottrarsi al controllo dei colossi della rete come Amazon, Apple, Alphabet e Meta.
Dopo che Twitter bandì l'ex presidente Usa, Donald Trump, per violazione delle regole della piattaforma, Dorsey parlò di "un precedente pericoloso", riferendosi al "potere che un individuo o una società ha su una parte della conversazione pubblica globale". Quando era ancora Ceo di Twitter, Dorsey ha fondato Bluesky, un sistema di social media decentralizzato, che secondo lui che richiederà anni per essere sviluppato e ha lo scopo di rimettere il potere nelle mani degli utenti e consentire la creazione di molti social network.
Il dibattito sul web 3.0
Nel Web 2.0 proliferano i giganti di Internet, le grandi della tecnologia come Twitter, Facebook, Google, Apple, Microsoft e Amazon che monitorano e controllano la maggior parte delle attività. Queste piattaforme hanno effettivamente la capacità di controllare la libertà di espressione su Internet, come denunciato da Jack Dorsey nel tweet postato oggi. Al contrario, il Web 3.0 è stato presentato come una possibilità di affrancarsi dal controllo dei grandi sui servizi Web 2.0 esistenti.
Utilizzando la blockchain, il Web 3.0 promette di essere più trasparente, sicuro, scalabile e, soprattutto, libero dal controllo si società 'monstre' come Alphabet, Apple, Amazon, Meta e Microsoft.
Tuttavia, il Web 3.0 è veramente decentralizzato? Con il tweet postato oggi il cofondatore ed ex CEO di Twitter dice di no, facendo in qualche modo eco alle parole del fondatore e CEO di Tesla Elon Musk, che si era addirittura schierato contro il Web 3.0 chiedendo se "qualcuno lo avesse davvero visto in giro".
Poi, qualche giorno fa, Musk aveva addirittura messo in discussione lo stesso Twitter, domandando retoricamnete se non fosse venuto il momento di pensare a un nuovo social network e raccogliendo la immediata disponibilità di Kim Dotcom a lavorare su un prototipo messo a punto dal fondatore di Megaupload.
Ma il dibattito su cosa sia il Web 3.0 e quali siano le sue potenzialità va avanti da tempo e tra i primi a entrarvi è stato l'ex CTO di Coinbase Balaji Srinivasanres, che ha risposto a Dorsey stigmatizzando la censura cui Twitter ha ceduto (ad esempio mettendo al bando Donald Trump) a causa dei legami con quelli che i cospirazionisti chiamerebbero 'poteri forti' e in particolare i venture capitalist. Ma anche sostenendo che il Web 3.0 "offre la possibilità, non la garanzia, di qualcosa di meglio”.
Un dibattito che arriva in un momento in cui la piattaforma della criptovaluta Ethereum, Polygon, si è unita alla VC Seven Seven Six per lanciare un'iniziativa da 200 milioni di dollari per i social media Web 3.0 e le startup di videogiochi.
È interessante notare che Jack Dorsey ed Elon Musk sono stati grandi sostenitori di criptovalute, bitcoin e dogecoin. E se il vero potenziale del Web 3.0 può essere realizzato solo tra una decina d'anni, le critiche che gli sono state mosse hanno sicuramente messo la comunità e gli sviluppatori in guardia su come raccogliere i finanziamenti, per non finire preda dei venture capitalist esattamente come successo al Web 2.0.