Bufale e sfide pericolose: che cosa dice uno studio di TikTok
AGI - È passato poco meno di un anno da quando il Garante per la protezione dei dati personali ha disposto il blocco immediato dell’uso dei dati degli utenti di TikTok per i quali non sia stata accertata l’età, chiedendo al social di mettere in campo una serie di interventi al fine di tenere gli infratredicenni fuori dalla piattaforma.
Il provvedimento d’urgenza era stato deciso dopo che i giornali e la procura di Palermo avevano collegato la morte di una bambina all’utilizzo del social network, in conseguenza di una challenge, una sfida. Un anno complicato per il social network di proprietà di Bytedance che si è mosso per adottare nuove misure per impedire in maniera ancora più efficace l’accesso dei più piccoli alla piattaforma, pur non convincendo i genitori (in particolare quelli rappresentati dal Moige) secondo i quali Le misure di protezione assunte da TikTok per gli utenti minorenni sono del tutto insufficienti e non possono assolutamente bastare.
Già, è passato un anno. Nel frattempo non si è placata la preoccupazione intorno alle sfide pericolose, all’autolesionismo, alle bufale. E TikTok cresce sempre di più. Secondo Blogmeter e la sua analisi condotta su di 1.714 internauti residenti in Italia, di età compresa tra i 12 e i 75 anni, iscritti ad almeno un social network, il social cresciuto di più nel 2021 è TikTok (un miliardo di utenti attivi su base mensile), utilizzato dal 41% degli intervistati. Ma qual è la dimensione del problema? I numeri che dicono?
TikTok ha commissionato una ricerca a The Value Engineers (TVE), una società di consulenza per i brand. La ricerca di TVE si è strutturata in un sondaggio online completato da 5.400 adolescenti (tra cui 1800 tra i 13 e i 15 anni, 1.800 tra i 16 e i 17 e 1.800 tra i 18 e i 19). Il sondaggio è stato completato anche da 4.500 genitori di adolescenti e 1.000 educatori, per un campione totale di 10.900 persone in tutto il mondo. Il campione comprende partecipanti da Regno Unito, Stati Uniti, Germania, Australia, Italia, Brasile, Messico, Indonesia, Vietnam e Argentina reclutati online da un’agenzia di ricerca che conduce sondaggi in rete.
Le “sfide” e le “bufale” sono al centro delle domande del sondaggio. Agli intervistati è stato chiesto quanto conoscessero e se partecipassero alle sfide online in generale e non specificamente a sfide pericolose. Alcune domande chiedevano agli intervistati di dare anche un parere sul rischio.
Le challenge
Nello studio è stato chiesto agli adolescenti di descrivere il livello di rischio associato a challenge viste online di recente. Per quasi la metà (48%) erano percepite come sicure e sono state definite divertenti o spensierate. Al 32% è stato associato un certo rischio, ma sempre considerandole sicure. Il 14% è stato descritto come rischioso e pericoloso. Soltanto il 3% delle challenge online è stato definito molto pericoloso e appena lo 0,3% degli intervistati ha dichiarato di aver preso parte a una challenge che considerava pericolosa.
Quanto sanno delle sfide
Tra i dati raccolti, la consapevolezza delle sfide online è elevata tra gli adolescenti, i genitori e gli insegnanti: il 73% degli adolescenti e dei genitori e il 77% degli insegnanti hanno detto di conoscere l’esistenza delle sfide online.
Partecipare alle sfide
Nel complesso, i dati raccolti mostrano che la maggior parte dei bambini non partecipa personalmente alle sfide, solo il 21% degli adolescenti partecipa attivamente a sfide (di qualsiasi tipo), a prescindere dal fatto che scelgano di pubblicarle o meno. Solo il 2% degli adolescenti ha preso parte a una sfida che considera rischiosa e pericolosa e lo 0,3% ha partecipato a una sfida che ha classificato come molto pericolosa.
Perchè
Per capire perché gli adolescenti partecipano alle sfide (di qualsiasi tipo), è stato chiesto agli intervistati di classificare una serie di possibili motivazioni per cui pensano che gli adolescenti possano partecipare. I dati sugli atteggiamenti mostrano che la motivazione più comune è ottenere visualizzazioni, commenti e Mi Piace, con il 50% degli adolescenti che la include tra le 3 motivazioni principali e il 22% che la indica come ragione più importante. Il 46% degli adolescenti ha incluso il fatto di fare colpo sugli altri fra le tre principali motivazioni.
Le bufale
In fatto di bufale i dati mostrano che la consapevolezza delle bufale è elevata. Riguarda l’81% di tutti gli adolescenti consultati, l’81% dei genitori e l’84% degli insegnanti. Il 77% degli adolescenti, il 74% dei genitori e il 77% degli insegnanti sono venuti a conoscenza delle bufale attraverso i social media.
La salute mentale
Un numero significativo di persone ha riportato un impatto negativo dall’esposizione alle bufale. Tra gli adolescenti, il 17% ha convenuto che l’esposizione alle bufale ha avuto un impatto positivo, il 51% crede che non abbia avuto alcun impatto e il 31% ritiene che abbia avuto un impatto negativo (con numeri coerenti tra i gruppi di età). Tra coloro che hanno avuto dalle bufale un impatto negativo, il 63% degli adolescenti riporta un impatto negativo sulla salute mentale. Questo livello di impatto è impressionante e suggerisce la necessità di un supporto facilmente identificabile e accessibile per gli adolescenti.
Genitori e insegnanti
I dati mostrano poi che i genitori sono cauti nel modo in cui affrontano la discussione delle bufale con i loro figli. Il 56% dei genitori ha convenuto che non avrebbe menzionato una specifica bufala a meno che un adolescente non l’avesse citata per primo. Inoltre, il 43% dei genitori trova che i consigli disponibili sulle bufale online non siano buoni come quelli disponibili sui rischi offline e il 37% dei genitori ritiene che sia difficile affrontare l’argomento senza suscitare interesse.
I dati poi sugli insegnanti suggeriscono un elevato livello di preoccupazione: il 56% indica di essere estremamente o molto preoccupato per le bufale e l’88% concorda sul fatto che “conoscere le bufale online è una parte importante del mio lavoro”. Tuttavia, il 50% ritiene che le scuole non abbiano le conoscenze e le risorse per affrontare questo fenomeno in modo efficace e solo il 33% concorda sul fatto che le scuole forniscano a bambini e famiglie strumenti e indicazioni utili in merito.