Togli la mascherina, sblocca il telefono, rimetti la mascherina. Al di là dei tempi della “Fase 2”, è molto probabile che, per un po' di tempo, il nostro viso dovrà rimanere coperto dal naso in giù. Per attivare il telefono ci sarebbe il caro vecchio Pin. O l'impronta digitale (sempre che non si indossino i guanti). Ma per chi volesse usare il riconoscimento facciale?
Una società vietnamita, VinGroup, ha dichiarato di aver sviluppato la prima tecnologia per renderlo efficace anche con una mascherina in faccia. È tutto merito di deep learning e di nuovi algoritmo, spiega la compagnia in un comunicato. Non servirebbero quindi particolari accorgimenti tecnologici a livello di hardware. Tradotto: funziona con le fotocamere già installate sugli smartphone attuali e sarebbe quindi una soluzione, oltre che economica, di pronta applicazione.
L'applicazione per smartphone
Il riconoscimento facciale con mascherina inclusa è nata dalla collaborazione tra società che fanno capo a VinGroup, una conglomerata con investimenti che vanno dall'immobiliare ai servizi, dalla salute all'automotive. Tra le controllate c'è VinAI, specializzata in intelligenza artificiale. “Le maschere sono un elemento essenziale per prevenire il Covid-19, ma quando gli utenti la indossano l'accuratezza dell'attuale tecnologia di riconoscimento facciale può essere ridotta di oltre il 50%”, spiega Bui Hai Hung, a capo di VinAI. Il gruppo di ricerca si è concentrata sull'identificazione di un volto attraverso le zone lasciate scoperte dalla mascherina, dimostrando “una precisione significativamente migliore” rispetto a quella delle soluzioni attuali.
L'applicazione più immediata sarà in famiglia. La tecnologia sarà integrata sugli smartphone di VinSmart (altro ramo del gruppo), arrivando quindi sul mercato consumer. La via per la diffusione potrebbe anche essere un'app: la società ne ha già una, VinSmart Face Unlock, disponibile su Google Play e compatibile con i dispositivi del marchio vietnamita. Sarà quindi una soluzione per arricchire (e promuovere) gli smartphone di casa. Un omologo del FaceID di Apple.
Non solo sblocco: l'ipotesi sorveglianza
Il riconoscimento facciale di VinAI ambisce però a fare anche altro: diventare “un sistema di monitoraggio e autenticazione dei dipendenti”. Le aziende pagheranno per averlo perché, spiega VinGroup, la soluzione è capace di rilevare “automaticamente” gli utenti che indossano la mascherina e potrebbe quindi “supportare la gestione delle distanze” quando si tornerà a lavorare a pieno regime. “Oltre alla commercializzazione”, poi, la società si è detta pronta a offrire “gratuitamente” la tecnologia ad alcuni “partner”, “per servire la salute pubblica durante la pandemia”. Non ci sono ulteriori dettagli, né sui partner né sui modi in cui il riconoscimento facciale sarà utilizzato.
Ma nel caso di aziende e pubblica utilità, più che al FaceID, la soluzione somiglia molto a Rekognition, la discussa tecnologia di Amazon. Che infatti è uno dei tre esempi di riconoscimento facciale citati da VinGroup nel suo comunicato, assieme a quello della Mela e a DeepFace di Facebook. Insomma: sblocco del telefono ma anche controllo e identificazione con mascherina.
Dai noodle in Ucraina agli smartphone
VinGruop ha risorse e ambizioni per spingere progetto. È la più grande conglomerata del Vietnam, con una capitalizzazione di 315.000 miliardi di dong (12,4 miliardi di euro) e un fondatore che merita una digressione. Studia geologia ad Hanoi e poi a Mosca negli anni in cui viene giù l'Unione Sovietica. Fa fortuna in Ucraina. Niente a che fare con la tecnologia: apre prima un ristorante vietnamita e poi una fabbrica di noodle disidratati (venduta a Nestlé). Torna nel Paese d'origine, investe nel settore immobiliare. Pham Nhat Vuong, dopo essere stato il primo miliardario (in dollari) vietnamita, è l'uomo più ricco del Paese e il 286esimo al mondo. Ha una fortuna stimata di 5,8 miliardi di dollari. E fino venti mesi fa non aveva messo piede nel campo degli smartphone.
Le ambizioni di VinSmart
VinSmart ha puntato su prezzi bassi e mercato locale, cercando di riuscire dove altri connazionali avevano fallito: vendere telefoni vietnamiti ai vietnamiti. Ha lanciati 12 modelli e venduto 600 mila unità in 15 mesi. Ha avviato la costruzione di un impianto che, a regime, dovrebbe produrre 125 milioni milioni di dispositivi l'anno. Oggi, secondo un'analisi di GfK, il marchio vale il 16,7% del mercato nazionale. Gli stanno davanti solo Samsung e Oppo, mentre Xiaomi è già alle spalle. Come i marchi cinesi, monta una versione personalizzata di Android. E come i marchi cinesi anche VinSmart vorrebbe partire dal low-cost per ampliarsi. Entro la fine del 2020 punta a lanciare una linea di prodotti di fascia alta.