“Un piccolo gruppo di Stati” sta bloccando i negoziati per mettere al bando i “robot-killer”. Piccolo ma pesante, perché annovera potenze militari come Usa, Russia e Israele. Lo affermano i responsabili della Ong Stop Killer Robots, principale promotrice di una moratoria sulle armi autonome.
Cosa sono i robot-killer
I “robot-killer” sono le armi che utilizzano l'intelligenza artificiale e altre sofisticate tecnologie per rendersi del tutto autonome. Sono cioè in grado di selezionare un bersaglio e centrarlo senza l'intervento umano. Le Nazioni Uniti hanno promosso una serie di incontri rivolti all'individuazione di linee guida comuni, verso la definizione di un nuovo protocollo all'interno della Convenzione delle Nazioni Unite su certe armi convenzionali (Ccw).
L'ultimo summit (il sesto) si è concluso a Ginevra il primo settembre. Lo schieramento dei favorevoli si è ampliato, ma restano ancora le resistenze di alcune potenze militari. Uno dei punti dell'accordo richiede l'obbligo di mantenere un controllo umano, perché “la responsabilità non può essere trasferita alle macchine”. Il principio, racconta Stop Killer Robots, sarebbe stato condiviso da tutti gli 88 Stati presenti in Svizzera. Ma la discussione si sarebbe arenata sul modo di applicarlo.
La maggioranza ha proposto di aprire, nel 2019, negoziati basati su obiettivi più stringenti. Diversi Stati (tra cui Colombia, Iraq, Pakistan e Panama) hanno richiesto un divieto preventivo in attesa di arrivare a un accordo comune. Austria, Brasile e Cile si sono spinti a proporre uno strumento “giuridicamente vincolante”. Più morbida è invece la posizione di Francia e Germania, che all'obbligo preferirebbero “dichiarazioni politiche” e principi d'indirizzo.
Chi sta frenando i negoziati
C'è però, infine, un altro schieramento che, pur confermando la volontà di proseguire i negoziati, “si oppone fermamente a qualsiasi misura”. Cioè a un più rigido trattato ma anche a una più blanda dichiarazione d'intenti. È questa la posizione di Australia, Israele, Russia, Corea del Sud e Stati Uniti. Vorrebbero soppesare potenziali “vantaggi” e “benefici” prima di prendere una decisione sullo sviluppo di armi autonome. Se ne saprà di più il prossimo 23 novembre, quando durante la riunione annuale della Ccw si dovrà prendere una decisione sui lavori futuri. Il rischio è che lo stallo si traduca in uno stato di negoziazione continua. Senza però arrivare a risultati concreti.
Gli appelli all'Onu
Il tema dei robot killer si è imposto grazie agli sforzi della Ong che punta a bandirli. Ma anche grazie ai ripetuti appelli di grandi personalità della tecnologia. Il fondatore di Alibaba Jack Ma, ha più volte indicato il rischio che l'intelligenza artificiale possa causare una "terza guerra mondiale". Per il ceo di Tesla Elon Musk, da sempre tra i più allarmati, le macchine potrebbero diventare “un dittatore immortale”. Perché le conseguenze siano negative, non serve che “l'intelligenza artificiale sia malvagia. Se ha un obiettivo e l'umanità sembra essere di ostacolo, distruggerà l'umanità senza nemmeno pensarci”.
Nell'agosto 2017, cento manager hanno scritto una lettera aperta all'Onu per chiedere il divieto di robot sul campo di battaglia. Tra i firmatari Mustafa Suleyman, numero uno di Deep Mind, società specializzata in intelligenza artificiale controllata da Alphabet, Musk e tre italiani: Alessio Bonfietti di MindIT, Angelo Sudano di ICan Robotics e Domenico Talia di DtoK Labs. Un anno dopo, in una'altra lettera aperta, i firmatari sono diventati più di 2400 (tra i quali ci sono, ancora una volta, i vertici di Deep Mind e il fondatore di Space X). La richiesta riguarda proprio il punto in cui sembrano impantanarsi i negoziati dell'Onu: “La decisione di togliere una vita umana non dovrebbe mai essere presa da una macchina”.