Non darà l’accesso ai messaggi degli utenti perché tecnicamente impossibile. Così ha risposto Telegram, la nota app di messaggistica cifrata, alla richiesta delle autorità russe di avere le chiavi di cifratura con cui leggere i messaggi elettronici inviati attraverso la app in caso di indagini.
La spiegazione di questa impossibilità è stata scritta in una lettera inviata dall’avvocato di Telegram, Dmitry Dinze, all’ente federale per il controllo dei media, Roskomnadzor. Le normali chat della app, scrive il legale - secondo quanto riferito dal Financial Times - sarebbero infatti conservate su server cloud con i dati non tenuti in un solo posto, mentre anche la funzione che permette di iniziare “chat segrete” non conserverebbe alcun dato.
Per capire più in dettaglio bisogna ricordare che esistono due tipi diversi di chat in Telegram: la prima, di default, è quella basata sul cloud. Poi ci sono le chat segrete, le conversazioni col simbolo del lucchetto che un utente può aprire con un altro. Entrambe sono cifrate ma solo le chat segrete si basano sulla cifratura più solida, di tipo end-to-end, in cui solo il mittente e il destinatario di una conversazione possono cifrare e decifrare i messaggi che si scambiano.
Dunque nemmeno Telegram potrebbe leggerle anche volendo (o dare ad altri le chiavi per farlo). In passato lo stesso Dinze aveva affermato che è impossibile dare a qualcuno le chiavi per leggere le chat segrete, perché generate sui dispositivi degli stessi utenti. Invece per decifrare le chat basate su cloud – aveva sostenuto ancora Dinze – sarebbe necessario organizzare una complessa operazione interstatale, perché i dati sarebbero conservati su server in diversi Paesi (e sarebbe necessario avere informazioni molto puntuali, come l’orario della chat).
Il braccio di ferro con Mosca
Le tensioni fra Telegram, fondata dai due fratelli russi (poi espatriati) Nikolai e Pavel Durov, e le autorità di Mosca si protraggono da mesi. Lo scorso settembre proprio Pavel Durov aveva fatto sapere della richiesta dei servizi di sicurezza federali russi (Fsb) di consegnare le chiavi per decifrare le chat. Telegram si era rivolta ai tribunali, ma l’ultima sconfitta è arrivata due settimane fa, quando la Corte Suprema ha respinto il ricorso dell’azienda.
A quel punto, l’ente federale per il controllo dei media, Roskomnadzor, aveva ordinato a Telegram di “fornire all’FSB le informazioni necessarie per decifrare i messaggi elettronici ricevuti, inviati o trasmessi” entro 15 giorni. Diversamente, la sua app rischia di essere bloccata nel Paese. Anche se, dal punto di vista legale, Telegram avrebbe ancora qualche mese di tempo per l’appello.
Durov ha sempre sostenuto che le richieste dei servizi russi siano tecnicamente inattuabili, oltre a violare la Costituzione del Paese e il diritto alla privacy della corrispondenza. Ma la legge antiterrorismo varata nel 2016 chiede ai servizi di chat e messaggistica di poter decifrare i messaggi. Secondo l’Fsb, avere accesso alle chiavi di cifratura non sarebbe una violazione della riservatezza degli utenti perché ogni dato raccolto attraverso le chiavi richiederebbe un mandato di un tribunale. Una affermazione che il servizio di chat, tramite i suoi avvocati, aveva definito “subdola”.
Una ICO da 1, 7 miliardi
Telegram è anche sul punto di lanciare una offerta iniziale di valuta (Initial Coin Offering o ICO) che si annuncia di proporzioni storiche. Avrebbe infatti già raccolto 850 milioni di dollari, in un secondo round di finanziamenti privati attraverso la prevendita di Gram, la sua moneta digitale.
Finanziamenti che sommati a quelli precedenti ora si aggirano in totale sui 1,7 miliardi di dollari. L’azienda - attualmente basata nelle British Islands e che vanta 180 milioni di utenti - dovrebbe usare i fondi per la realizzazione di una piattaforma, il Telegram Open Network o TON, su cui far nascere una serie di servizi e applicazioni decentralizzate, dallo storage distribuito ai micropagamenti, alimentate con la sua moneta Gram.