I timori che le nuove frontiere dell'innovazione possano avere un impatto devastante sul futuro dell'umanità, impatto che andrà ben oltre la perdita di posti di lavoro, non sono appannaggio di tecnofobi e neoluddisti. A lanciare questi allarmi - ed è per questo che li si prende sul serio - sono figure chiave del panorama scientifico e della rivoluzione tecnologica come Stephen Hawking, Bill Gates, Elon Musk e, da oggi, anche Jack Ma, presidente e fondatore di Alibaba, che dal World Economic Forum di Davos ha lanciato un messaggio che non lascia spazio a equivoci.
"L’intelligenza artificiale, i Big Data, sono una minaccia per gli esseri umani. L'intelligenza artificiale e i robot distruggeranno un sacco di posti di lavoro, perché in futuro queste mansioni verranno svolte dalle macchine. L’unica soluzione è cambiare il modo in cui educhiamo i nostri ragazzi, insegnando loro non a competere con le macchine ma a sviluppare la loro creatività", ha dichiarato Ma nel corso di un dibattito sulle nuove tecnologie, "queste novità sono una minaccia. Io ritengo che l’intelligenza artificiale dovrebbe sostenere gli esseri umani. La tecnologia dovrebbe sempre fare qualcosa per potenziare le capacità della gente, non diminuirle".
"La tecnologia deve dare opportunità, non toglierle"
In tempi di 'techlash', di autorità politiche decisa a riprendersi le proprie prerogative di fronte ad aziende che valgono più di larga parte degli Stati nazione, spetta agli innovatori sapersi regolare da soli e venire incontro alle preoccupazione dell'opinione pubblica, anche per preservare il più possibile quel relativo "lasseiz faire" che ha consentito al modello di business dei giganti del tech di prosperare. Una questione distinta ma parallela alla necessità di una regolamentazione più stretta sui giganti della Silicon Valley, sottolineata, in questi giorni di summit, da un altro intervento che ha avuto vasta eco: quello di Marc Benioff, fondatore e numero uno di Salesforce, società tra i leader mondiali nel comparto del cloud computing.
"Noi abbiamo la responsabilità di avere un cuore buono, e fare qualcosa di buono. Garantire che tutto ciò che facciamo sia indirizzato verso un futuro migliore", ha dichiarato Ma, "persone come noi hanno il denaro e le risorse e dovremmo spendere il denaro in tecnologia che ci dia potere e renda le nostre vite migliori. Siamo molto fortunati perché il mondo sta attraversando una grande trasformazione a causa della tecnologia. Sebbene questa rivoluzione creerà leader di successo e opportunità, ogni nuova tecnologia creerà anche problemi sociali. La tecnologia dovrebbe sempre dare alla gente nuove opportunità, non toglierle". A mo' di chiosa, un monito che attinge dalla storia in maniera suggestiva ma forse un po' forzata: "La prima rivoluzione tecnologica causà la Prima Guerra Mondiale e la seconda rivoluzione tecnologica causò la Seconda Guerra Mondiale. Ora abbiamo davanti la terza rivoluzione tecnologica. Se la Terza Guerra Mondiale avverrà, dovrebbe essere combattuta contro le malattie, l'inquinamento e la povertà, non l'uno contro l'altro".
Il nodo della responsabilità
Le preoccupazioni di Ma sono state condivise da più di un partecipante al panel sull'innovazione che ha visto l'uomo d'affari cinese nel ruolo di mattatore. "Il cento per cento dei posti di lavoro sarà colpito in qualche modo dalla tecnologia", ha ammesso il presidente di Ibm, Ginni Rometty. "La gente vuole avere fiducia nell'innovazione, finché sanno chi c'è dietro", ha affermato invece Neelie Kroes, ex commissario per il Digitale della commissione Barroso e oggi membro dell'Open Data Institute (nonché del consiglio di amministrazione della stessa Salesforce).
Il tema della responsabilità sollevato dalla Kroes è stato affrontato anche dal nuovo numero uno di Uber, Dara Khosrowshahi. La compagnia ha aggiunto di recente una nuova voce alla lista di controversie nelle quali è coinvolta a causa degli omicidi perpetrati da conducenti iscritti alla app negli Stati Uniti e in Libano. "Bisogna ricordare che il rating di un conducente valuta la sua guida ma non può prevedere che sia un serial killer", ha detto. "In questa situazione chi è responsabile, l'individuo o la piattaforma?" è il complesso quesito posto quindi dalla guru Rachel Botsman, autrice del volume "Who Can We Trust?" e presenza ricorrente a manifestazioni come Ted, dove i suoi interventi sono seguitissimi.
Il monito di Merkel: "In gioco la democrazia"
"Per lungo tempo, la risposta di molte aziende digitali è stata: siamo solo il software, la piattaforma, ma la tecnologia ora penetra ogni aspetto delle nostre vite, dei nostri commerci, delle nostre case, della tecnologia", ha ribattuto Zvika Krieger, leader dei progetti digitali del World Economic Forum e già consulente del Dipartimento di Stato per le nuove tecnologie, "il nostro responso non è più avvertibile. Le autorità legislative in Europa si sono lamentate per anni che le grandi compagnie digitali non rispondono alle loro chiamate. Diciamo che adesso stanno alzando la cornetta". E che i grandi leader mondiali non possano essere più sordi alla preoccupazione dell'opinione pubblica e degli addetti ai lavori per le imprevedibili conseguenze di un'innovazione senza controllo è apparso evidente dall'inedita risolutezza degli interventi di alcuni capi di Stato presenti. Dopo il duro attacco della premier britannica Theresa May a Facebook, Telegram e Bitcoin, è stato il turno del cancelliere tedesco Angela Merkel. "Il pericolo è essere troppo lenti e che il mondo ci distrugga mentre ci domandiamo ancora chi davvero possieda i nostri dati", ha tuonato, "i dati saranno la materia prima del ventunesimo secolo: la domanda 'chi possiede i dati?' deciderà se la democrazia, se il modello sociale partecipativo e la prosperità economica possano essere combinati".