Massimo Guarini era uno dei tanti cervelli in fuga - prima in Canada e poi in Giappone - che nel corso degli anni era riuscito a realizzare il suo sogno: lavorare nel campo dei videogiochi ad alto livello. E’ uno di quegli italiani che si sono fatti notare in giro per il mondo ed è diventato famoso, soprattutto per chi di videogiochi se ne intende, per essere stato il game director di Naruto: Rise of a Ninja (Ubisoft, 2007) e Shadow of the Damned (Grasshopper Manufacture/Ea, 2011).
Tornare in Italia per ricominciare a creare
Nonostante i traguardi raggiunti dopo qualche anno ha deciso di rientrare in Italia e di dare vita a una piccola realtà di produzione indipendente sul lago di Varese. “I miei sogni e le mie passioni sono a un certo punto cambiati”, racconta all’Agi. “Ho avuto la possibilità di lavorare in grandi produzioni dal budget elevato, ma dove necessariamente veniva sacrificato l’aspetto creativo. Con il passare del tempo, forse perché sono maturato, ho cominciato a soffrire il fatto di non potermi esprimere come avrei voluto. Non mi bastava - continua Guarini - far parte del mondo tradizionale dei videogiochi, volevo di più, volevo raccontare delle cose e mandare messaggi che ritenevo importanti. Ecco cosa mi ha spinto a tornare in Italia”.
Dal 2012 una nuova avventura, tutta italiana
Nasce così, nel 2012, Ovosonico, lo studio fondato da Massimo Guarini e dal musicista e compositore Gianni Ricciardi, già collaboratore di Ubisoft, Namco e Capcom. Dopo due anni, nel 2014, arriva il primo successo: Murasaki Baby, il game pubblicato su PlayStation Vita da Sony Computer Entertainment Europe. Non si tratta di un semplice videogioco, ma piuttosto di una passeggiata fra impressionismo e poesia di una bimba cartoon (dal character design struggente) che il giocatore deve accompagnare attraverso cambi di scenario e umore, creature fantastiche e prospettive a sorpresa. “Produrre Murasaki - racconta Guarini - ci ha permesso di esistere e di andare avanti con il nostro progetto. Oggi siamo riusciti a realizzare un’opera più completa, la nostra seconda, 'Last day of June'."
Poi arriva l'ultimo giorno di June
Il gioco, uscito il 31 agosto, è 100% italiano. In Italia non è stata realizzata solo la produzione, ma è italiano anche il finanziamento. "Con 'Last Day of June abbiamo cercato un cambio di passo nell’impresa dei videogiochi. Il game volutamente ha un taglio cinematografico e i personaggi, dall’aria goffa, sono cartoon. Tutto questo perché abbiamo cercato di raccontare, attraverso un gioco, una storia sull’amore e sulla perdita, affrontando temi seri come la morte, la solitudine e il dolore”. 'Last day of June' è un racconto delicato e commovente sulla storia d’amore tra Carl e June. Durante tutto il gioco Carl cerca di ripercorre nei suoi ricordi gli ultimi attimi di vita di June, morta a causa di un incidente d’auto. Guardando il trailer del gioco non si può non notare alcuni richiami al mondo di UP, cartone della Pixar, e ai personaggi di Tim Burton. Ovosonico rappresenta gli affetti con toni soffusi ed amabili, in una poesia di gesti, sguardi e sentimenti appena accennati. Il rapporto di coppia, la quotidianità della vita, le aspettative per il futuro e l'elaborazione del lutto trovano nel gioco una dimensione mai così umana e profonda. “In tutto il gioco c’è un tratto pittorico, spiega ancora Massimo, e i personaggi senza occhi e senza bocca è come se fossero dei burattini nelle mani del destino, dove il destino sono proprio i giocatori. Le loro emozioni vengono veicolate solo dalla gestualità e dall'intonazione dei loro mormorii. E’ come se tutti potessimo essere Carl e June, è così che abbiamo cercato di raggiungere un vasto pubblico.”
Last day of June è disponibile su PlayStation 4 e sul Pc attraverso Steam. Il gioco vanta la collaborazione del musicista Steven Wilson, fondatore del gruppo rock Porcupine Tree (nonché autore del brano Drive Home che è stato l’ispirazione del progetto) e della regista Jess Cope, la quale ha diretto il video della stessa canzone e in precedenza ha lavorato come animatrice al film “Frankenweenie” di Tim Burton.
Il videogioco come mezzo per parlare alla gente
“Il nostro target - conclude Guarini - non sono solo gli appassionati di videogiochi, ma sono tutti gli esseri umani. Si tratta di una sperimentazione orizzontale. Vogliamo mettere in moto una trasformazione che riguarda la percezione del videogioco. E’ un mezzo potentissimo, ma non deve essere considerato solo un passatempo per ragazzini dove al centro c’è la sfida.
Il videogioco può essere anche uno strumento per parlare alla gente e lanciare dei messaggi. L’obiettivo è ambizioso e ci vorranno anni, ma qualcosa si sta muovendo grazie alle produzioni indipendenti come la nostra. Il videogioco esiste solo da 35 anni, la sua storia è giovane. C’è ancor ancora molto da dire e da costruire”.