Sono passati 2000 anni e le costruzioni di calcestruzzo romano sono ancora le migliori al mondo. Una previsione già fatta da Plinio il vecchio nel 79 d.c. quando nel suo 'Naturalis Historia' scrisse che le strutture in calcestruzzo costruite nei porti, dove sono esposte all'impatto costante delle onde di acqua salata, diventano "ogni giorno più forti e resistenti, come una sola massa di pietra impermeabile". Lo scrittore romano non stava per niente esagerando. E per anni gli scienziati si sono chiesti come fosse possibile che le costruzioni romane, realizzate con le prime forme di calcestruzzo, rimanessero così solide nel tempo mentre quelle moderne si sbriciolano dopo qualche decennio.
Svelato il mistero del calcestruzzo di 2000 anni fa
Ha provato a rispondere a questa domanda - si legge su phys.org - la geologa e geofisica Marie Jackson, dell'università dello Utah che ha analizzato a fondo il porto romano della baia di Pozzuoli a Napoli. Gli studi di alcuni anni l'hanno portata alla conclusione che il segreto fosse da ricercare nel mix fra cenere vulcanica, malta, tufo e acqua con cui venivano realizzate le opere. Lei e i suoi colleghi, che hanno pubblicato il nuovo studio sulla rivista Mineralogist, hanno scoperto che l'ingrediente segreto che rende indistruttibili i porti romani attraverso un processo chimico è proprio l'acqua di mare. Questa entrando in contatto con la cenere vulcanica permette ai minerali di crescere, dando vita a composizioni ricche di silice, simile ai cristalli delle rocce vulcaniche. Questi cristalli fortificano la cementazione e aumentano così la resistenza del calcestruzzo.
La formula millenaria per le future costruzioni
Dopo la scoperta i ricercatori, insieme all'ingegnere geologico Tom Adams, vogliono provare a sviluppare la composizione del calcestruzzo romana sulle future costruzioni marittime. Tra gli obiettivi ci potrebbe essere la laguna
di Swansea in Gran Bretagna dove si pensa di sfruttare l'energia delle maree: "Un prototipo di cemento romano potrebbe rimanere intatto per secoli permettendo, tra l'altro, di recuperare anche i costi sostenuti per la costruzione".
"In realtà - spiega Jackson - normalmente questo processo di corrosione sarebbe negativo per i moderni materiali. Invece in quelli di allora funziona e prospera. Non è detto che si possa applicare la formula in tutti gli impianti futuri, ma vogliamo provarci".
La formula dei romani fa bene all'ambiente
Il 7% dell'anidride carbonica deriva dalla produzione del calcestruzzo moderno. In un momento dove il riscaldamento globale e l'inquinamento è tra i principali problemi da risolvere, l'idea di poter realizzare nuove opere attraverso la formula dei romani 'a basso impatto ambientale' diventa importante anche per tale scopo. Oggi - secondo la ricerca - il cemento di Portland usato per costruire dighe e impianti si sbriciola dopo alcuni decenni ed è realizzato in forni a temperature elevate che emettono CO2. "A differenza ad esempio del cemento di Portland, in quello romano non si verificano crepe", spiega ancora la geologa.