Dopo la Francia e l’Unione europea, anche la Gran Bretagna lancia un piano di investimenti nell’intelligenza artificiale. Come improvvisamente risvegliate, le potenze europee stanno ansiosamente cercando di posizionarsi in quella che sarà la partita economica e tecnologica più importante dei prossimi anni. Sapendo che Stati Uniti e Cina sono pronti a mettere in campo tutta la loro stazza per conquistarsi il ruolo di leader nell’AI (Artificial Intelligence). Ma anche le singole aziende stanno puntando sempre di più su questa tecnologia, al punto da arrivare a prodursi anche i loro chip dedicati.
Il piano UK
Ma andiamo per ordine. Mercoledì il governo di Londra ha annunciato un investimento complessivo di 1,1 miliardi di euro nell’industria e nella ricerca sull’AI, con la collaborazione di aziende tech americane, telco europee, venture capital giapponese.
Nell’ambito di questo programma, la società di venture capital canadese Chrysalix aprirà un ufficio in UK investendo 125 milioni di euro in AI e robotica; il fondo giapponese Global Brain aprirà una sede nel Paese investendo 40 milioni di euro in startup nei prossimi 5 anni; Microsoft, Ibm e Facebook saranno anche coinvolte, anche se non hanno rilasciato dettagli o commenti. L’università di Cambridge gestirà un supercomputer specializzato in AI e a disposizione delle aziende. E il governo finanzierà un migliaio di nuovi dottorati di ricerca nel settore, formerà 8mila insegnanti di informatica per la scuola secondaria, e un centro per studi sull’etica e la sicurezza del machine learning.
Il piano Ue
L’annuncio è arrivato solo un giorno dopo quello della Commissione europea, che ha comunicato di aumentare a 1,5 miliardi di euro la spesa in ricerca sulla AI nel 2018-2020, con sullo sfondo l’obiettivo piuttosto elevato di arrivare a 20 miliardi di euro di investimenti complessivi pubblico-privati nell’area nel 2020. Vuole anche presentare delle linee-guida etiche sullo sviluppo della AI, inseguendo una leadership morale sul tema, un po’ come ha provato a fare sulla privacy col nuovo Regolamento europeo (il GDPR).
Un’angolazione europea alla AI, che punti su trasparenza, sicurezza, e non discriminazione. La Commissione finanzierà dunque nuova ricerca di base e possibili spinoff per il mercato, ma vuole anche aiutare gli Stati membri a creare centri di ricerca congiunti. E poiché i dati sono la benzina di questa tecnologia, punta anche a riutilizzare informazioni del settore pubblico, incluso materiale scientifico e sanitario. Il piano della Commissione segue una dichiarazione firmata da 25 Paesi europei il 10 aprile, che vuole rendere la cooperazione sulla AI una priorità. Anche se non fissa obiettivi di spesa o altri obblighi.
Del resto il 24 aprile si sono mossi anche gli scienziati europei. Un gruppo di nove autorevoli ricercatori in AI hanno scritto una lettera aperta ai governi d’Europa, invitandoli a creare un laboratorio intergovernativo - che dovrebbe chiamarsi ELLIS (European Lab for Learning and Intelligent Systems) - destinato a diventare il punto di riferimento per la ricerca sul machine learning, gareggiando pari grado con le principali istituzioni accademiche globali del settore, come il MIT o Stanford. Perché, in questo momento, scrivono nero su bianco i nove luminari, “l’Europa non tiene il passo”.
Alla base c’è l’idea che l’Ue debba darsi una mossa, e che sia troppo debole non tanto nella ricerca quanto nell’industria, anche per lo scarso accesso al capitale di ventura rispetto agli Stati Uniti o alla Cina. Un rapporto della società di consulenza McKinsey dello scorso ottobre lo diceva chiaro e tondo: anche se sta facendo dei progressi, l’Europa è ancora indietro rispetto a Stati Uniti e Cina nel cogliere le opportunità che deriveranno dall’AI e dall’automazione.
I soldi in gioco
Il dato crudo è quello degli investimenti in AI. L’Europa nel 2016 si attestava tra i 3-4 miliardi di dollari, contro gli 8-12 dell’Asia e i 15-23 del Nord America, secondo dati McKinsey.
Per di più, Stati Uniti e Cina hanno un loro ecosistema avviato - fatto di imprese, capitali, centri di ricerca e quantità di utenti - e hanno già delineato da tempo delle strategie e dei soldi per i prossimi anni.E poi ci sono le singole multinazionali. Colossi come Amazon, Google, Facebook, Alibaba non solo stanno puntando molto sull’AI a livello di software, ma stanno pure lavorando a dei loro chip specializzati.
Il piano della Francia
Non perdere talenti e favorire lo sviluppo di startup è anche al centro del piano del presidente francese Emmanuel Macron, che a marzo ha delineato in un discorso (basato sul rapporto del matematico Cedric Villani) la nuova strategia nazionale per l’AI del Paese. Il governo di Parigi spenderà 1,5 miliardi di euro nei prossimi cinque anni per sostenere la ricerca nel campo, promuovere imprese innovative e raccogliere dati utili. Il piano include un programma di ricerca nazionale guidato dall’INRIA, l’Institute for Research in Computer Science and Automation (INRIA) di Rocquencourt e sparpagliato su altri cinque centri. In contemporanea diverse imprese, come Microsoft e Fujitsu, annunciavano nuovi investimenti in Francia. Mentre DeepMind, azienda di eccellenza nell’AI acquisita da Google nel 2014, faceva sapere di voler aprire un centro a Parigi per quest’estate.
L’impressione è che attualmente i Paesi europei si stiano muovendo ognuno per i fatti suoi. In ogni caso per ora dall’Italia non sono arrivati molti movimenti, ad eccezione del Libro bianco sull’Intelligenza Artificiale a servizio del cittadino, pubblicato qualche settimana fa dalla task force dell’AGID, l’Agenzia per l’Italia Digitale – l’agenzia pubblica incaricata di sostenere la diffusione dell’inno