Essere il numero uno sul mercato, diventare un fenomeno pop facendo innamorare milioni di persone, riuscire a tenere insieme i nuovi gamer con i professionisti, resistere alla concorrenza sempre più agguerrita. Sono alcune delle missioni che si prefissa Fortnite, il battle royale che ha rivoluzionato il gaming online, e che ne orientano ogni giorno lo sviluppo. E non si tratta di un compito facile, come hanno dimostrato alcuni eventi recenti.
Chiunque segua l'evoluzione del gioco sa bene che nelle ultime settimane sempre più streamer e influencer si sono lamentati di Epic Games, la casa si sviluppo di Fortnite, minacciando di smettere di usare il titolo e quindi di far perdere visibilità al gioco su YouTube e su Twitch, piattaforme popolate da migliaia di utenti che guardano i loro beniamini giocare. A rompere la storia d'amore tra Fortnite e i pro-gamer (tra cui anche il celebre Ninja, inserito da Time tra le 100 persone più influenti al mondo del 2019) è stato il trattamento che questi ultimi sostengono di aver ricevuto dai produttori.
Innanzitutto una serie di aggiornamenti che hanno favorito i giocatori occasionali a scapito di chi passa più ore sul titolo, unito al regolamento della Coppa del mondo di Fortnite che si è rivelato poco stimolante e spettacolare per i professionisti di joypad e tastiera e a una sostanziale indisponibilità di Epic ad ascoltare le richieste della sua base più fedele.
Una polemica andata in onda sui canali di Twitch, su Twitter, su Reddit, sui forum e sulle testate di settore e che, alla fine, ha visto una presa di posizione ufficiale da parte di Epic. Con un dettagliato post sul suo blog, anche in italiano, gli sviluppatori si sono sentiti in dovere di spiegare il perché di alcune scelte e di specifiche retromarce che non sono state affatto apprezzate dai pro.
"Le competizioni di Fortnite ruotano attorno a un equilibrio delicato: offrire un'esperienza robusta e bilanciata per i giocatori competitivi senza però distaccarsi dal Fortnite giocato da centinaia di milioni di giocatori. Dopotutto, quegli stessi giocatori sono il pubblico della competizione, e le prospettive di crescita per i giocatori competitivi dipendono dal suo coinvolgimento – si legge sul post - Questo crea delle sfide uniche al momento di rispondere ai bisogni delle diverse categorie. Se abbiamo sempre seguito attentamente le discussioni della community sulle competizioni di Fortnite, non siamo stati altrettanto attivi nel portare la nostra voce. Per questo motivo, ci attiveremo per condividere le motivazioni delle nostre decisioni recenti e future per discuterne con la community".
Il post di Epic entra ancora più nel dettaglio riferendosi a una modifica nel bilanciamento del gioco prima introdotta e poi rimossa, da cui spunta anche un dato interessante: "È emerso un trend inatteso: i giocatori comuni erano frustrati, [...]. Alla fine, l'assorbimento aveva migliorato la partecipazione per un 10% di giocatori di punta, ma il restante 90% era frustrato e giocava di meno". Insomma, di fronte a uno zoccolo duro soddisfatto e a una “maggioranza silenziosa” che gioca di meno, gli sviluppatori di Fortnite hanno scelto questi ultimi, finendo per fare imbizzarrire i primi.
Non si tratta di una questione di poco conto o riservata agli addetti ai lavori però: vale la pena di ricordare che, grazie soprattutto a Fortnite, i ricavi di Epic sono schizzati a 3 miliardi di dollari nel solo 2018. Un fenomeno che, con la velocità con cui è esploso, rischia però di sgonfiarsi. Ed anche per questo i pro gamer contano eccome in questo mondo per mantenere alta l'attenzione degli utenti sul gioco. Secondo le statistiche di SullyGnome, Fortnite è il gioco che negli ultimi 12 mesi è stato più visto nelle dirette di Twitch con la cifra monstre di quasi un miliardo e mezzo di ore di gioco per un totale di 4 milioni di streamer diversi. Nessun altro videogioco può vantare numeri anche solo lontanamente paragonabili.
Ne sanno qualcosa i tanti competitor che nel tempo hanno provato a scalzare Fortnite dal trono e invece ne sono rimasti vittime. Un caso su tutti è Apex Legends, il battle royale pubblicato a sorpresa da Electronic Arts a febbraio e che nel giro di pochi giorni è diventato il più seguito online. Un successo che però si è sgonfiato una volta finito l'effetto sorpresa (e gli investimenti in marketing di EA): se a febbraio c'erano 300 mila persone in contemporanea online a guardare giocare ad Apex Legends su Twitch, la scorsa settimana erano circa ventimila. Discorso simile per l'action rpg Anthem, sempre di EA, passato da 60mila utenti medi di febbraio ai 300 di maggio su Twitch.
Ma il trono che Fortnite ha prima conquistato e poi riconquistato è un po' come quello di spade: esige sacrifici. Che significano costanti aggiornamenti, cambi in corsa, bilanciamenti, e persino membri della famiglia reale inglese che chiedono di vietarti. E non mancano neppure le pesanti conseguenze sulle persone che sul gioco ci lavorano: secondo un'inchiesta della testata americana Polygon, gli sviluppatori sono sottoposti dall'azienda a ritmi massacranti e a situazioni di profondo stress, con picchi anche di 100 ore di lavoro a settimana, per continuare a migliorare il titolo che per milioni di gamer è diventato una seconda casa.