Non facciamoci illusioni: Facebook ci segue ovunque, anche quando non lo vogliamo. È impossibile evitare di essere tracciati per scopi pubblicitari, anche se le impostazione sulla nostra posizione sono disattivate. Lo afferma un'inchiesta di Gizmodo e lo dice anche Facebook.
Nascondersi? Impossibile
La cosa disarmante è che Menlo Park lo conferma candidamente, in una mail: dice che no, non utilizza i dati da WiFi per determinare la posizione se gli utenti hanno disattivato i servizi legati alla geo-localizzazione. “Ma non c'è la possibilità di escludere del tutto il tracciamento”. A scoprire di essere “seguita” nonostante avesse espresso il proprio rifiuto è stata Aleksandra Korolova, professoressa di informatica della University of Southern California. Che commenta così la risposta di Menlo Park: “Le impostazioni sulla localizzazione fornite da Facebook danno solo l'illusione di controllare i dati, ma in realtà non è così”. Tradotto: decidono comunque loro.
Difetto di chiarezza
Facebook, quindi, in assenza di gps non utilizzerebbe i segnali WiFi. Ma, tra indirizzo IP e Bluetooth, ne ha comunque abbastanza per sapere dove siamo. Il social network non ha problemi a confermarlo perché lo scrive anche nella sezione “Informazioni sulle inserzioni”: “Usiamo i dati sulla posizione per mostrare le inserzioni di inserzionisti che tentano di raggiungere persone in un luogo specifico o nelle sue vicinanze. Ecco da quali fonti otteniamo tali informazioni: dove ti connetti a Internet, dove usi il tuo telefono, il luogo del tuo profilo Facebook e Instagram”.
Bloccare le “Impostazioni sulla posizione” non basta. E oltretutto la sezione non è proprio – diciamo - in bella evidenza. C'è poi un altro problema. Questa liberalizzazione del tracciamento non è stata comunicata. Differisce infatti rispetto a quanto detto in passato. In unpost del 2014, Menlo Park scriveva che gli utenti “vedranno gli annunci solo in base alla loro posizione recente e se i servizi di localizzazione sono abilitati sul proprio telefono”. Un “se” che oggi è smentito dai fatti. Facebook non avrebbe quindi avvertito gli utenti con sufficiente chiarezza. Un particolare che non sembra importare molto al social network. A Gizmodo ha sì ammesso di aver sbagliato. Ma solo per non aver aggiornato il post di quattro anni fa. Lo ha fatto solo adesso, dopo la segnalazione di Korolova.