L’applicazione per Android di Facebook conserva tutti i dati relativi alle telefonate e agli Sms inviati dagli smartphone su cui è installata. Il fatto di per sé non è mai stato segreto, ma anche con il contributo dello scandalo Cambridge Analytica, società britannica che ha usato i dati del social network per profilare 50 milioni di utenti a loro insaputa per fini politici, cresce il numero di quanti vorrebbero riappropriarsi delle loro tracce digitali, o che quantomeno cercano di capire a quali informazioni abbiano accesso i servizi che utilizziamo.
Con un post su Twitter, riportato la prima volta da Ars Technica, un utente lamenta di aver scoperto che tra i dati in possesso di Facebook su di lui compaiono anche i metadati delle telefonate e degli Sms. Che nulla hanno a che vedere con il funzionamento del social network. A Menlo Park possono sapere chi abbiamo chiamato e a che ora, almeno per quanto riguarda gli utenti Android. Pur non conoscendo il contenuto delle conversazioni, la rete delle relazioni dell’utente viene utilizzata per arricchire l’esperienza social, mostrando le possibili amicizie in comune e condizionando ciò che compare sulle timeline.
Downloaded my facebook data as a ZIP file
— Dylan McKay (@dylanmckaynz) March 21, 2018
Somehow it has my entire call history with my partner's mum pic.twitter.com/CIRUguf4vD
Facebook ha confermato la circostanza: “Chiamate e storico degli Sms sono parte di una funzione alla quale può accedere chi usa Messenger o Facebook Lite su Android”. Dal social network fanno sapere che “Questa è una funzione introdotta su Messenger nel 2015, e successivamente offerta nella versione leggera di Facebook per Android”. Dall’azienda hanno chiarito che il contenuto delle comunicazioni non è oggetto della raccolta dei dati, e che gli utenti possono decidere di disattivare la funzione e cancellare i registri già esistenti dalle impostazioni.
Ma la colpa - se di colpe si può parlare - non è solo di Facebook: a consentire la raccolta dei metadati di telefonate e Sms è stata Google, le cui regole della privacy, recentemente riviste, sono state a lungo sensibilmente più concessive di quelle di altri produttori come Apple. Dal rilascio di Android 4.1, nel 2012, per l’installazione di alcune app il sistema operativo richiedeva una serie di permessi (tra cui quello di accedere ai registri di telefonate e messaggi) contemporaneamente. Questo vuol dire che non era possibile scegliere selettivamente quali permessi fornire.
Come spiega il Washington Post, questa politica è stata rivista con il rilascio di Android 6.0, nel 2015. Lo stesso anno in cui Facebook ha iniziato a raccogliere i registri delle telefonate, secondo quanto spiega la stessa azienda. Ma dai dati ufficiali forniti da Android, il 42,3 per cento dei telefoni basati sul sistema operativo di Mountain View, utilizzano versioni precedenti alla 6.0. Quindi solo il 57,7 per cento ha la possibilità di scegliere selettivamente quali permessi concedere alle app che installa.