"Con i suoi profili psicografici, Cambridge Analytica ha praticato una raccolta di dati diversa da quelli fin qui ricercati dagli esperti di 'targeting' elettorale. Volevano fare una profilazione delle tipologie psicologiche per intercettare inclinazioni e perfino patologie utili a capire la sensibilità degli utenti a certi messaggi. Raccogliere questo tipo di dati, più complessi di quelli scavati finora, è un percorso lungo e complicato, ed è per questo che sono dovuti ricorrere a sotterfugi, ed esempio fingersi ricercatori o ottenere informazioni attraverso Facebook. Quindi è tecnicamente sbagliato dire che Cambridge Analytica faceva quello che fanno tutti ma in modo più pervasivo: faceva un'attività diversa da quella generalmente praticata, o dichiarata".
What’s clear is that a lot of the novel stuff for which they got the most attention (“psychographics”) was never used by the Trump campaign, and only sparingly by Cruz. As outsiders we have no way to validate the accuracy of their other modeling/targeting.
— Sasha Issenberg (@sissenberg) 20 marzo 2018
A parlare con il Foglio è Sasha Issenberg, giornalista ed esperto di digitale applicato alle campagne elettorali (ha scritto "The Victory Lab: The secret science of winning campaigns"), che in una intervista al giornale diretto da Claudio Cerasa ha spiegato così le differenze con il lavoro di profilazione dei dati raccolti sulla rete e su Facebook del team digitale che lavorò nel 2012 alla campagna elettorale di Barack Obama e che portò alla sua rielezione alla Casa Bianca. Una differenza qualitativa tra i due tipi di analisi: gli esperti di Obama (e di altri dopo di lui) si sono sempre limitati, per così dire, alla raccolta dei dati inerenti a come gli elettori avevano votato in passato, alla loro adesione o registrazione a partiti politici, alle specifiche demografiche, alla sensibilità ad alcuni temi piuttosto che ad altri.
Dati che poi venivano raccolti, archiviati e utilizzati per 'mirare' bene i messaggi della propaganda elettorale. Per individuare, ad esempio, quali fossero gli elettori democratici e quelli repubblicani e scegliere i diversi messaggi da proporre. Una profilazione di base, si potrebbe sintetizzare, che fatta su grandi numeri ha permesso una ottimizzazione degli investimenti pubblicitari elettorali distribuiti in rete.
Con Cambridge Analytica c'è stato un salto di qualità, ha spiegato Issenberg al Foglio (qui si può leggere l'intervista originale integrale). Si è passati, in sostanza e in sintesi, all'analisi profonda del profilo psicologico dell'elettore (50 milioni gli account analizzati da CA) grazie alla sistematica osservazione di qualsiasi click generato dall'utente su Facebook. Un Like ad un commento, una certa foto, un post anche personale. Tutte informazioni che attraverso i sofisticati algoritmi di CA hanno prodotto identikit non tanto 'elettorali' delle persone, ma psicologici, emozionali, caratteriali. Il che ha permesso una 'targhettizzazione' estrema e chirurgica dei messaggi della propaganda. Il tutto, come già scritto e spiegato qui, all'insaputa di Facebook, che anzi ad un certo punto è venuta a conoscenza dell'azione di 'spremitura' dei propri account, ma non ha fatto abbastanza per impedirlo o per ottenere che questi fossero distrutti.
Issenberg ha detto al Foglio: "In America l'aspettativa della privacy è prossima allo zero per quanto riguarda le preferenze elettorali". Anche l'elettore medio sa bene che quando acquista una carta fedeltà al supermercato o dà il consenso per scaricare e installare una app gratuita sullo smartphone cede, in cambio, parte dei dati sensibili sulla propria vita. E si aspetta ormai di ricevere nella cassetta della posta o sulla mail messaggi commerciali o politici. Ma qui c'è stato un salto di qualità. Ciò che è stato 'trafugato' non sono dati anagrafici e storici dei profili, ma aspetti psicologici ed emozionali tratti dalla attività quotidiana su Facebook ed elaborati di conseguenza. Ovviamente, senza consenso. Forse qualcosa di più di una violazione della privacy.