Più di una settimana di programmazione, in Europa e non solo. Torna, per il quinto anno, la CodeWeek EU. Si parte il 7 ottobre e si continua fino al 22, tra migliaia di eventi e la speranza di superare il milione di presenze registrate nella scorsa edizione. E l’Italia svolgerà ancora un ruolo di leader con 2mila eventi in tutta la penisola, il Paese che ne ospita di più prima di Polonia (412) Germania (221) e Estonia (144).
La CodeWeek EU nacque nel 2013 per iniziativa dello Young Advisor Expert Group, un gruppo di esperti che hanno collaborato con l’allora vice-presidente della Commissione Europea Neelie Kroes per l'attuazione dell’Agenda Digitale. La prima edizione fu una sorta di prova generale. Nel 2014 l'iniziativa registrò 150 mila presenze e coinvolto 39 Paesi (oggi sono 50).
Un ruolo conquistato sul campo
L'Italia ha sempre svolto un ruolo centrale: tre anni fa, proprio durante la CodeWeek EU, è stato lanciato "Programma il Futuro", l'iniziativa di Miur e Cini (Consorzio Interuniversitario Nazionale per l'Informatica) che ha spinto il coding nelle scuole. Dal 2015, la settimana europea della programmazione è coordinata da Alessandro Bogliolo, docente di Informatica Applicata all'Università di Urbino. Un ruolo conquistato sul campo: l'Italia è di gran lunga il Paese che ha avuto la partecipazione più ampia. Risultati che, sottolinea Bogliolo, “fanno del nostro Paese un modello”.
Gli eventi della CodeWeek EU non sono solo per iniziati. L'obiettivo è proprio divulgare l'importanza del “codice”, anche senza computer in mano. Un “evento”, infatti, non è necessariamente una sfida tra professionisti: viene definito come “un’opportunità di venire a contatto con la programmazione, possibilmente in modo immediato, intuitivo e divertente”. A patto che abbia “un luogo (fisico o virtuale), una data e un’orario”. “Anche una festa o un incontro che parli di coding è un evento”, dice Bogliolo.
Le novità della nuova edizione
Il traguardo, spiegano gli organizzatori, è ampliare il più possibile la platea, anche a chi non ha competenze informatiche. Per raggiungerlo, l'edizione 2017 prevede, tra le altre cose, due iniziative inedite. La prima è una caccia al tesoro che si terrà il 14 ottobre: Code Hunting Games. Il gioco invita a risolvere enigmi e scovare Qrcode nascosti nelle proprie città. A comandare le operazioni sarà un bot di Telegram, cioè un software che interagisce con gli utenti sull'app di messaggistica.
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La seconda novità è un accordo con eTwinning, una piattaforma europea che mette in contatto gli insegnanti per creare gemellaggi tra scuole. La partnership prevede la creazione di una serie di progetti internazionali dedicati al coding. Per Bogliolo “è un modo per costruire la comunità dal basso”. Perché “il coding come strumento di alfabetizzazione passa dall'entusiasmo degli insegnanti. Se si vuole fare qualcosa per tutti, ritenendo che serva per sviluppare la crescita personale, la scuola è l'unica strada”. Proprio questo legame con la scuola ha reso il nostro Paese il punto di riferimento della manifestazione: nel 2016, la metà del milione di partecipanti è arrivato da eventi italiani.
“Siamo ancora carenti come materia di studio”, afferma Bogliolo. “Ma grazie a Programma il futuro e ai MOOC, i corsi di formazione per insegnanti gratuiti online sviluppati dall'Università di Urbino, la presenza del coding nelle scuole è oggi massiccio e sistematico. È stato creato un canale di comunicazione diretto con gli insegnanti che nessun altro Paese ha. Neppure Inghilterra e Finlandia, che pure sono più avanti di noi nella formazioni informatica”. Se c'è un difetto nella CodeWeek è proprio un certo squilibrio nella partecipazione dei diversi Paesi. Come mai? “Perché - sostiene il coordinatore - è una rete dal basso. L'Italia ha guardato alla scuola come interlocutore principale sin da subito”.
La rete funziona: da nord a sud, la mappa degli eventi è omogenea. “Per partecipare – dice Bogliolo - l'unica cosa che serve è la voglia dell'insegnante. Non ci sono scuse legate alla dotazione e alla connettività. Ci sono mille modi di fare coding, con e senza computer. E a costo zero”. Il coding senza computer? “In Sicilia, una scuola ha dipinto mille magliette con le bolle colorate simbolo di CodeWeek e hanno coinvolto il Paese in un flashmob. Non è tanto importante l'attività di programmazione, quanto creare un coinvolgimento emotivo. Solo così si lascia il segno e si avrà un impatto duraturo”.
Quanto si studia il coding nelle scuole italiane
Se è dalle scuole che si parte, qual è il bilancio di 'Programma il Futuro'?. Per l'anno scolastico 2016-2017, gli obiettivi erano due: coinvolgere almeno il 40% degli istituti scolastici e svolgere almeno 10 ore di attività nel 9% delle classi. I risultati sono stati ampiamente superati: il programma ha toccato 5856 scuole, pari al 71% del totale. E il 22% delle classi ha fatto almeno 10 ore di coding.
Sono stati coinvolti 25.828 insegnanti (quasi il doppio rispetto all'anno scolastico precedente) e 1,6 milioni di studenti (il 60% in più). Si sono moltiplicate anche le ore di programmazione: nel 2016-2017 sono state 22,4 milioni, più del doppio della somma dei due anni precedenti. Ogni studente ha così potuto svolgere, in media, 13 ore e mezzo di coding.
“Finalmente l’Italia si è svegliata”
"Finalmente ci siamo svegliati e resi conto che ci sono competenze che i nostri ragazzi devono avere" spiega Giorgio Ventre, coordinatore di Programma il Futuro e professore di Sistemi di elaborazione delle informazioni all'Università Federico II di Napoli, "in tutta Europa l'attenzione al tema della trasformazione digitale è massima. Ma per fare trasformazione digitale, bisogna saper programmare". Per Ventre imparare il coding “è l'acquisizione di una competenza di ragionamento, è il pensiero computazionale. Non possiamo fare Industria 4.0 se non sappiamo come funziona un computer”.
Ma quanto si studia coding nelle scuole? "Con la ministra Giannini la raccomandazione erano 60 ore di coding l'anno. Ma non è questione di quantità. La battaglia vera è avere delle linee guida forti che diano alle scuole un percorso chiaro". Insomma, non basta il milione e 600 mila ragazzi coinvolti nel 2016 da Programma il Futuro. "Dobbiamo coinvolgere tutti, non una percentuale. Il 100% dei ragazzi deve studiare pensiero computazionale, allo stesso modo con cui si studiano il Teorema di Pitagora e le equazioni di secondo grado".
Per Ventre "si deve portare a regime un processo che è stato bellissimo, ma quasi di natura prototipale e renderlo normale, facendo in modo che il digitale sia stabilmente presente nella scuola". E l'importanza del coding e del pensiero computazionale non è sfuggita alle aziende, soprattutto per quello che riguarda la formazione. “Alla Developer Academy - spiega sempre Ventre - non stiamo prendendo solo studenti che studino Ingegneria Informatica o Scienze, ma anche studenti di Filosofia, Medicina, Scienze della Comunicazione, Economia. L'obiettivo? Fare in modo che gli evangelizzatori digitali siano in tutte le professioni". A spingere sull'alfabetizzazione digitale in Italia sono stati e sono anche i Coderdojo, palestre di programmazione gratuite per bambini organizzati da volontari. "Sono stati molto importanti. Sono serviti a "rompere il ghiaccio". Veri momenti di rottura".