Fare il tassista per Uber non rappresenterà mai una grande opportunità di lavoro. Lo assicura uno studio pubblicato da Quartz e condotto da John Horton della NYU Stern e da due ricercatori di Uber, che per dimostrarlo si sono affidati a semplici teorie economiche.
Secondo gli studiosi, a nulla servirebbe un aumento delle tariffe da parte di Uber perché il mercato tornerebbe velocemente a uno stato di equilibrio, in cui i conducenti tornerebbero a guadagnare più o meno la stessa cifra di prima.
Dalla teoria ai fatti: “Immaginiamo che da 1 dollaro al minuto e 1 dollaro a chilometro si passi a due dollari per ognuno. In breve tempo, i conducenti guadagnerebbero di più perché le tariffe sono aumentate. Tuttavia dopo un po' si andrebbe incontro a due conseguenze:
1 Poiché Uber consente ai tassisti di guadagnare molto nell’immediato, questi lavoreranno di più.
2 Poiché Uber è più costoso, diminuiranno le prenotazioni.
Cosa significa?
Quando l’offerta sale ma la domanda cala c’è meno lavoro. Sebbene i conducenti si facciano pagare di più per una corsa, le ore totali di lavoro scendono. E nel giro di poche settimane (otto, per la precisione) il loro guadagno orario torna agli stessi livelli del periodo pre-innalzamento. In sostanza, a fronte di un aumento delle tariffe, i conducenti di Uber vedrebbero scendere il numero di clienti. D’altronde, Uber aveva utilizzato l’argomentazione opposta per difendere i tagli, sostenendo che i prezzi più bassi attirano i clienti.
“Studio ridicolo”
Ma c’è chi rigetta lo studio: l’Indipendent Drivers Guild, un sindacato che difende gli interessi degli autisti di New York, ha definito ridicole le tesi dei ricercatori.
“L’idea che Uber non abbia modo di aumentare lo stipendio dei conducenti è assurda”, ha dichiarato in un comunicato il direttore del sindacato Ryan Price. “La società sta intascando più soldi di quanto non abbia mai fatto. E se c’è margine di manovra per progetti di macchine volanti, c’è anche per l’aumento degli incassi dei conducenti”.