Non c'è mai stata domanda di notizie come oggi, che un dispositivo nella nostra tasca ci consente di accedere a una quantità inesauribile di informazioni in tempo reale 24 ore su 24. Nonostante ciò l'industria giornalistica tradizionale è in ginocchio, a raccogliere le briciole degli enormi introiti rastrellati da Google e Facebook grazie ad articoli che non hanno prodotto loro. Uno stato delle cose che minaccia la dignità professionale dei giornalisti, nonché la sopravvivenza e l'indipendenza di un intero settore. Ora la News Media Alliance, associazione che riunisce oltre duemila testate statunitensi e canadesi, a partire dai pezzi da novanta come il New York Times e il Wall Street Journal, ha detto basta e ha inoltrato al Congresso degli Stati Uniti una petizione dove chiede di cambiare le leggi antitrust "in modo da impedire che i due giganti digitali continuino a parassitare gratuitamente i contenuti giornalistici prodotti da altri, intascando tutti o quasi i profitti della pubblicità", scrive La Stampa, sottolineando come da questa iniziativa dipenda "non solo il futuro del giornalismo globale ma anche della democrazia".
"Nel mondo non c'è mai stata così tanta domanda di informazione come oggi", osserva il quotidiano torinese, "l'instabilità e l'incertezza che ci circondano hanno accresciuto il bisogno di conoscenza, e la quantità di notizie consumate è enorme, vere o false che siano. Eppure i giornali sono in crisi. Questo paradosso deriva soprattutto da due elementi: la crisi economica del 2008, che ha fatto precipitare la pubblicità sulla carta, e la rivoluzione digitale, che ha indirizzato altrove le risorse. Cioè verso i giganti online e i social, che non producono alcun contenuto giornalistico ma sfruttano quello degli altri per guadagnare.
Il 50% del mercato mondiale in mano a due aziende
I numeri riportati in proposito da 'La Stampa' sono chiari:
Cosa chiede la News Media Alliance
Tutto ciò accade per motivi ovvi. Con il declino della carta stampata, la maggior parte dei lettori fruisce delle notizie in rete attraverso piattaforme come Google e Facebook, alle quali si rivolgono poi gli inserzionisti. Una situazione che minaccia l'esistenza stessa dei giornali come li conosciamo oggi, penalizzati paradossalmente proprio dalle leggi antitrust in vigore, che impediscono loro di unirsi in un cartello per negoziare con i colossi digitali. Se ciò avverrà, la Nma domanderà quattro cose:
- Condividere con Google e Facebook i ricavi pubblicitari
- Ottenere che i due gruppi favoriscano le sottoscrizioni ai giornali
- Ricevere i dati sugli utenti che leggono i loro articoli attraverso le piattaforme digitali
- Promuovere i propri brand
"Gli editori pensano di avere una finestra di circa 18 mesi per vincere questo braccio di ferro e ritengono che il momento sia favorevole perché Google e Facebook e gli altri social sono danneggiati dalla bufera delle fake news", conclude La Stampa, "i giganti digitali sanno di avere bisogno dell'informazione per attirare gli utenti ma è necessario che sia attendibile. Solo i legacy media possono assicurare questa credibilità, qualunque cosa dica Trump via Twitter, e quindi sono nella condizione di ottenere che Google e Facebook paghino per averla".