Un progetto pilota dedicato alla media innovation che punta a scoprire quali siano le competenze che permettono di superare la crisi. Secondo lo studio #Media4EU – presentato oggi presso la FIEG, con la collaborazione di Media Duemila – i giovani giornalisti, esperti di marketing e social media manager, ma anche e soprattutto i profili che comprendono tutte le competenze di queste diverse professionalità, sono le carte vincenti.
La stampa tradizionale ha risposto alla globalizzazione con un approccio troppo localista. I media, secondo la ricerca, si sono ristretti nel mercato locale; ecco perché dalla cooperazione europea possono nascere invece nuove prospettive di crescita. Le risposte al cambiamento riguardano soprattutto il modello di business, che non è più legato alla pubblicità, ma anche all’organizzazione di eventi e a partnership inedite: unico modo per finanziare il giornalismo di qualità. Incertezze evidenti esistono su un eventuale coinvolgimento dell’Unione Europea quale attore per sostenere il cammino dei media e portarli fuori dalla crisi. Le soluzioni comprendono strategie per i media che affrontano la concorrenza di Google, Apple, Facebook, Amazon (GAFA), quali la cooperazione transfrontaliera. La novità anche nel parallelismo fra la crisi dell’Unione Europea e quella dei media.
Christophe Leclercq, presidente e fondatore di EurActiv, ha illustrato le finalità del lavoro che lo ha portato in giro per tutta l’Europa al fine di raccogliere pareri di esperti di più di 30 media di 6 differenti nazioni. Il risultato della ricerca è stato commentato da Fabrizio Carotti (FIEG), Giampiero Gramaglia (IAI), Giacomo Mazzone (Eurovisioni), Stefano Polli (ANSA), Giampaolo Roidi (Agi), Eugenio Fatigante (Avvenire).
Carotti, nell’esprimere il punto di vista della Fieg, che rappresenta la quasi totalità della stampa quotidiana e periodica, ha ricordato come il tema delle risorse (-50% di ricavi complessivi negli ultimi dieci anni) sia il punto-chiave per capire in che direzione deve andare l’evoluzione del settore.
"Un settore che – ha ricordato infatti Carotti – vede l’intervento di attori che utilizzano l’informazione per realizzare profitti. Le risorse sono necessarie per fare gli investimenti per l’adeguamento tecnologico e per continuare a garantire una informazione qualificata, credibile e affidabile, quella assicurata dai brand di qualità. E l’erosione delle risorse passa anche per l’azione dei grandi player del digitale, che raccolgono pubblicità online per più del doppio di quanto riesca a fare l’editoria quotidiana e periodica nel suo complesso, anche utilizzando dati degli utenti di terzi. Anche per questo – ha annunciato – la Fieg ha collaborato con altre Associazioni alla realizzazione di un Libro Bianco che chiederà, tra l’altro, a tutti i protagonisti del mercato digitale di garantire trasparenza nelle regole, negli utilizzi e nei risultati".
Una collaborazione, al di là di questi aspetti regolatori, va però senz’altro cercata - ha detto Carotti – e infatti la Fieg ha concluso un accordo strategico con Google basato proprio sulla condivisione di know how, dell’utilizzo dei dati degli utenti, del riconoscimento del diritto d’autore per i contenuti giornalistici. "Non sono battaglie di retroguardia, ma sono azioni necessarie per il riconoscimento del valore del prodotto-giornale. E’ poi fondamentale interrogarsi sull’evoluzione del ruolo e della funzione del giornalismo (o dei giornalismi) oggi. Le regole stesse devono essere adeguate ad un mondo che è cambiato e continua a cambiare. Se è vero come qualcuno ha detto che il giornalista si preoccupa della notizia, ma non si preoccupa di venderla, oggi è invece necessaria una stretta integrazione e cooperazione tra la parte creativa e quella commerciale dell’editoria giornalistica al fine di garantire e riaffermare l’insostituibile ruolo, anche per i valori stessi della democrazia, di una informazione di qualità, affidabile e credibile".
Lo studio nasce dalla cooperazione fra la Fondazione EurActiv e l’Università “Libre de Bruxelles” e propone anche una visione europea su fake news, populismo, modelli di business e Digital Single Market.
Una certezza però dallo studio esce: i media tradizionali devono cambiare radicalmente in modo da competere con le piattaforme social. Solo in questo modo saranno capaci di opporsi alla propaganda populista.
È possibile scaricare il dossier completo dal sito www.media2000.it
Per maggiori informazioni redazione@mediaduemila.com