In un momento in cui la parola censura è tornata d’attualità in Russia, dove spettacoli teatrali, film e registi hanno a che fare con bandi e procedimenti legali, Igor Mukhin, 55 anni, leggendario fotografo che dagli Anni ‘80 immortala i cambiamenti della società russa, non è sorpreso. “Ci siamo già passati con l’Unione Sovietica, sono i giovani oggi a non capire cosa succede, ma la mia generazione ha visto già tutto”, racconta in un’intervista all’Agi. Il suo sorriso su quanto sta accadendo nel mondo della cultura racchiude tutto il famoso fatalismo russo: “Abbiamo solo cambiato nome, non siamo più l’Urss, ma la gente non è andata via, la mentalità è la stessa, la scuola non è cambiata, viviamo negli stessi appartamenti e usiamo gli stessi mezzi di trasporto”.
Il suo ultimo libro ‘Weekend’, presentato questo mese al Multimedia Art Museum di Mosca, è il racconto in bianco e nero di 10 anni di eventi Open-Air in Russia, per lo più festival musicali, che uniscono negli eccessi e nella libertà gente di ogni provenienza ed estrazione sociale. Fiumi di birra e fango, ventri gonfi dall’alcol e seni al vento fissano in immagini il lato più selvaggio di questo divertimento, che aspira alla perdizione in un weekend, appunto, che mira ad essere eterno. Il pubblico russo non l’ha presa bene: “Alcuni giornalisti mi hanno chiesto perché ritrarre tanto alcol, tanto sporco e tanti nudi, hanno scritto che questa non è la nostra vita, che è solo trash; sono rimasto scioccato, perché invece per me in questo lavoro c’è molta poesia”.
Il lavoro di Mukhin oggi suona quasi come un requiem, perché questi spazi di “assoluta libertà e fuga dalla routine”, stanno scomparendo. “In linea di principio, in Russia si può fare tutto, ma da cinque anni a questa parte, questi festival stanno tutti chiudendo. - racconta il fotografo - Prima di tutto per questioni economiche: si tratta di eventi gratuiti e organizzati da volontari, ma per avere anche solo un palco serve una centralina elettrica, del carburante e i soldi per questo non ci sono più”. Il secondo motivo, però, è politico: “Il governo vuole controllare anche il divertimento e così oggi si tengono festival musicali, dove ci sono gli stand dei libri, non si possono bere alcolici e si fa attività fisica. Le autorità vogliono avere immagini belle e così anche esteticamente è tutto cambiato: regna la pulizia, l’ordine, c’è poca polizia, ma niente poesia”.